Presentati al Comitato parlamentare Schengen i dati sulle richieste d’asilo registrate nel nostro Paese fra gennaio e maggio 2015 (poco meno di 25 mila), ma anche sugli esiti, sui ricorsi. E sui tempi di attesa: sette mesi in media fra la presentazione della domanda e il colloquio in Commissione territoriale.
Sono 24.678 le richieste di asilo presentate in Italia da gennaio al 31 maggio 2015, «a fronte di circa – io non ho il dato, perché attiene all’accoglienza e non all’asilo – 50-60.000 accessi negli sbarchi che abbiamo avuto in questo periodo». Così il prefetto Angelo Trovato, presidente della Commissione nazionale per il diritto di asilo, in un’audizione tenutasi in giugno davanti al Comitato parlamentare Schengen.
Le provenienze: sempre meno siriani
Nei primi mesi di quest’anno i Paesi di provenienza con il maggior numero di domande di protezione in ordine decrescente sono stati Nigeria, Gambia, Senegal, Pakistan, Mali, Ucraina, Afghanistan, Bangladesh, Costa d’Avorio, Ghana, Guinea, Somalia, Guinea-Bissau, Egitto, Iraq, Marocco, Albania, Eritrea e Burkina Faso. «Alla fine trovo la Siria: ci sono solo 132 richieste di asilo da parte dei siriani». Anche l’anno scorso il numero delle richieste d’asilo di siriani aveva appena superato le 500.
Gli esiti (con un occhio all’Agenda europea)
Per quanto riguarda gli esiti in questi primi mesi del 2015, continua Trovato, «le nazionalità che hanno avuto il maggior indice di riconoscimento di protezione internazionale – parlo di status (di rifugiato, ndr) e di protezione sussidiaria – sono i seguenti: Somalia per il 93% dei casi (i richiedenti asilo che abbiamo esaminato, però, sono stati 445); Afghanistan 91% su 1.183 esaminati, Irak 89% su 254 esaminati, Eritrea 86% su 303 esaminati, Siria 76% su 79 esaminati».
Si tratta delle nazionalità che superano la quota europea del 75% di riconoscimenti ipotizzata a maggio dall’Agenda europea sulla migrazione per la ricollocazione di 24 mila richiedenti asilo dall’Italia in altri Paesi dell’Ue. E qui il prefetto Trovato precisa: «Tuttavia, su questi Paesi i nostri richiedenti asilo sono bassissimi. Andiamo nel concreto: per esempio, per la Nigeria, il Paese da cui arriva più gente, la percentuale di riconoscimento è appena del 15%. A questo punto forse dovremmo riflettere sulla composizione di questo “paniere”, perché potremmo alla fine forse non arrivare nemmeno ai 24-25 mila».
Colloqui: sette mesi in “sala d’aspetto”
Dalla domanda d’asilo al colloquio in una delle attuali 40 Commissioni territoriali, al richiedente asilo si prospettano in media 215 giorni d’attesa, più di sette mesi. «Questo significa che abbiamo punte di eccellenza in cui riusciamo a esaminare le richieste, soprattutto per i vulnerabili, anche in 60-80 giorni, e situazioni, soprattutto le più “intasate” come Roma, Milano e in parte la Sicilia, in cui i tempi si allungano».
Dinieghi: “Ad esempio Mali e Nigeria…”
Il prefetto così motiva, invece, il notevole aumento dei dinieghi registrato negli esiti delle domande d’asilo fra 2014 e 2015 (dal 39% al 47% delle domande esaminate): «Perché è avvenuto questo? Perché sono variati i flussi di origine, da una parte, e le situazioni dei Paesi di origine dall’altra. Per esempio è estremamente indicativa la situazione del Mali, un Paese da cui arrivano tanti richiedenti asilo. Nel Mali siamo passati da una situazione di guerra civile generalizzata a una situazione di fine delle forme di conflitto interno, a una situazione attuale in cui solo le aree nel Nord del Paese hanno delle situazioni meritevoli di riconoscimento di protezione internazionale. Ciò significa che, mentre prima io avevo fatto delle direttive per cui a tutti quelli del Mali in una prima fase abbiamo dato la protezione sussidiaria e in una seconda fase abbiamo dato solo l’umanitaria, oggi ai richiedenti asilo maliani diamo la protezione internazionale soltanto a chi viene dalle aree del Nord».
Secondo il prefetto, «lo stesso discorso vale per la Nigeria, un Paese enorme, con situazioni assolutamente differenziate. Un conto sono gli Stati del Nord, in cui vi è Boko Haram, vi è un’enorme esigenza di protezione internazionale, anche nello status, nelle forme più alte di protezione. Un conto sono gli Stati del Sud».
Nei casi di contenzioso giudiziario su ricorso, sempre secondo i dati riferiti dal prefetto Trovato la media nazionale di accoglimento delle richieste è oggi del 70%.
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