Lo scorso giugno il Comitato olimpico internazionale ha annunciato che, per la prima volta nella storia, quest’anno alle Olimpiadi di Rio de Janeiro parteciperà una squadra di rifugiati.
Fra poche ore cominceranno i giochi olimpici e nella festa inaugurale sfileranno, sotto la bandiera olimpica, dieci atleti provenienti da paesi diversi e unificati dal loro status giuridico. E’ stata battezzata come la squadra dei rifugiati e ospita persone keniote, sud sudanesi, siriane, etiopi, congolesi della RDC.
“Non parliamo la stessa lingua, non veniamo dallo stesso paese, ma rappresentiamo sessanta milioni di persone. I rifugiati.” Questa è la dichiarazione di una delle atlete della squadra; la siriana Yusra Mardini, diciotto anni, rifugiata in Germania.
Tra di loro ci saranno anche Popole Misenga e Yolande Mabika, due judoka di 24 e 28 anni provenienti dalla Repubblica Democratica del Congo che nel 2013 durante i campionati mondiali di judo tenutesi sempre a Rio de Janeiro avevano chiesto e ottenuto asilo politico. Dopo la notizia dell’ammissione alla squadra, Yolande Mabika è scoppiata a piangere: “Il judo non mi ha mai dato soldi, ma un cuore forte”.
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