di Marco Calabrese
“Scusate se non siamo morti in mare” è uno spettacolo teatrale di Pablo Solari, presentato in anteprima al festival PIIGS 2015 a Barcellona con il titolo di Balenes e ora sulle scene italiane.
“Scusate se non siamo morti in mare”, questo è il titolo, ripreso da un cartello provocatoriamente esposto da alcuni migranti durante una manifestazione a Lampedusa, dello spettacolo teatrale diretto dal regista Pablo Solari e interpretato da Luz Beatriz Lattanzi, Marcello Mocchi, Matthieu Pastore e Daniele Pitari.
La storia, scritta da Emanuele Aldrovandi, racconta di un futuro – più o meno prossimo – dove la crisi economica, aggravatasi anziché migliorare, costringe gli europei ad abbandonare il loro continente verso paesi più ricchi. Tuttavia, proprio come accade oggi con alcuni stati europei, questi paesi “ricchi” hanno chiuso le frontiere, costringendo così i personaggi della storia a cercare di entrarvi illegalmente. Tra i mezzi più diffusi per emigrare dall’oramai povero continente europeo c’è il container: mille dollari prima della partenza, mille all’arrivo, in qualunque posto si sia arrivati.
I personaggi non hanno nomi propri, ma solo appellativi, quasi dei nomi parlanti in base alle loro caratteristiche fisiche. Da una parte, infatti, ci sono i tre migranti la Bella, il Robusto e l’Alto, dall’altra il Morbido, il proprietario del container che servirà come mezzo di trasporto per la traversata in mare.
L’opera è divisa in quattro parti: la prima racconta dell’attesa al porto, del tempo precedente alla partenza, la seconda parla del viaggio per mare dentro al container, mentre la terza, invece, è ambientata in mezzo al mare, dopo il naufragio dell’ imbarcazione. L’ultima parte rappresenta un finale quasi onirico. I tre naufraghi, infatti, vengono raggiunti dalle balene, forse un’allucinazione, un finale decisamente metafisico dove al dramma dei migranti viene accostato il simbolo universale di migrazione nel mondo naturale.
Attraverso la costruzione realistica dei personaggi, in cui lo spettatore può facilmente identificarsi, “Scusate se non siamo morti in mare” vuole squarciare quel velo di indifferente consapevolezza con cui tutti i giorni affrontiamo la triste realtà dei migranti, senza realmente capirla fino in fondo e sentendola sempre più lontana e distante dalla nostra quotidianità.
Cosa succederebbe se quei migranti, quelli di cui sentiamo parlare i telegiornali e le trasmissioni televisive quasi tutti i giorni fossimo noi? È questa la domanda di fondo su cui è costruita tutta l’opera. Partendo dai rapporti tra i personaggi, su tutti quello servo-padrone, fino ad arrivare all’epilogo metafisico, a metà tra sogno e realtà, passando per la sofferenza, la fame, la paura e persino il cannibalismo. I quattro personaggi diventano così portatori di un’empatia universale, pieni di speranze, illusioni e fallimenti, rendendo lo spettatore partecipe delle stesse disgrazie.
“L’essere umano è l’animale nomade per eccellenza, le attuali razze sono il frutto di miscugli millenari, nel sangue italiano scorre tanto DNA africano quanto indoeuropeo. Accettare la migrazione come fenomeno naturale necessario è il primo passo per rivendicare con orgoglio il nostro essere umani” – Pablo Solari.
Dopo aver debuttato nel febbraio 2016 al Teatro della Cooperativa di Milano, sono previste altre tre repliche di Scusate se non siamo morti in mare: il 19 giugno a Reggio Emilia e il 20-21 giugno a Genova.
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