Il fenomeno dei richiedenti asilo e rifugiati – nel contesto degli eventi che hanno caratterizzato il periodo tra le due guerre mondiali, il dopoguerra e i decenni successivi fino ai nostri giorni – ha interessato anche l’Italia, sia pure in proporzioni relativamente ridotte rispetto ad altri Paesi dell’Europa occidentale.
Durante e dopo la 2ª guerra mondiale chiedono asilo nel nostro Paese un gran numero di rifugiati stranieri (distinti cioè dai profughi italiani della Dalmazia, della Venezia Giulia e delle colonie perdute).
Tra 1945 e 1952, «sotto gli auspici» di agenzie internazionali 120.000 rifugiati tornano in patria o emigrano dall’Italia in Paesi di definitiva sistemazione. Alla fine del 1951 si contano nel Paese 19.000 rifugiati (fonte: excursus storico UNHCR Italia, 1996).
Dal 1952 al 1989 gli stranieri che chiedono asilo nel nostro Paese sono in tutto circa 122.000. La cifra comprende soprattutto europei ma, in deroga alla “limitazione geografica” (la normativa che fino al 1989 consentiva solo ai cittadini europei di presentare domanda d’asilo alle autorità italiane), risente anche delle nuove crisi e guerre d’oltremare. Il totale di 122.000 richiedenti asilo comprende ad esempio 3.300 indocinesi, fra cui circa 900 boat people raccolti in mare nel luglio 1979 da navi italiane, 600 cileni, in parte rifugiatisi nell’ambasciata italiana di Santiago nel 1973 e in parte loro familiari “ricongiunti”, 150 iracheni (110 caldei e 43 curdi) e 35 afghani. Tra il 1980 e il 1989 chiedono asilo in Italia 11.800 extraeuropei. A causa della “limitazione geografica” non possono presentare domanda alle nostre autorità, ma si rivolgono alla delegazione italiana dell’UNHCR, che riconosce lo status di rifugiato a 6.500 persone. Nello stesso periodo quasi 9.400 rifugiati trovano una seconda sistemazione in altri Paesi (USA, Canada, Australia e Nuova Zelanda).
Alla fine del 1989 nel nostro Paese i rifugiati sono circa 11.500. Per il 40% circa sono europei, per il 30% asiatici, per il 15% africani, per il 12% mediorientali e per il 4% dell’America Latina. Secondo dati retrospettivi e ormai consolidati della Commissione nazionale per il diritto d’asilo, nel 1990 si registrano circa 4.600 richiedenti asilo: sono soprattutto albanesi e rumeni.
L’anno dopo, nel 1991, i richiedenti salgono a 28.400. Ben 21.400 riguardano albanesi sbarcati nei porti della Puglia (ma durante l’anno, la Commissione centrale per il riconoscimento dello status di rifugiato concede questo riconoscimento a soli 1.000 albanesi: sono 17.800 i compatrioti che ottengono un diniego). Nel 1992 i richiedenti calano a 3.000 (la nazionalità più rappresentata è quella rumena), anche perché i profughi della Somalia e della ex Jugoslavia possono accedere a uno “status umanitario” ad hoc, stabilito rispettivamente da un decreto della Farnesina del 9 settembre 1992 e dalla legge 390/92.
A fine 1995 i rifugiati residenti sono 12.700, per il 43% dell’Europa dell’Est. A questi si sommano 57.000 profughi della ex Jugoslavia e 10.000 della Somalia con lo status di protezione umanitaria. La popolazione rifugiata totale è dunque di 79.700 persone (ivi). Nel 1997, in seguito al collasso del sistema finanziario dell’Albania, 17.000 albanesi ottengono protezione temporanea fino a novembre (la maggioranza tornerà in patria, ma una parte otterrà un permesso di soggiorno o lo status di rifugiato).
Nel 1999 le richieste d’asilo sono ben 37.300 (il tetto più alto mai raggiunto nella storia recente del nostro Paese): è l’anno della guerra del Kossovo, e nell’ambito dello Humanitarian Evacuation Programme for Kosovar Refugees l’Italia riceve 5.800 profughi kosovari. Le richieste diminuiscono fino a 10.000 nel 2006, ma poi tornano a crescere. Nel 2007 sono 13.300, soprattutto dall’Eritrea, dalla Costa d’Avorio, dall’Afghanistan e dalla Nigeria.
Nel 2008 (anno del picco di sbarchi sulle coste siciliane) le domande presentate sono quasi 31.700. Chiedono protezione soprattutto persone in fuga da quattro Paesi africani, Nigeria, Somalia, Eritrea, Costa d’Avorio, e dall’Afghanistan. Nell’anno vengono esaminate 23.200 domande, di cui solo 12.600, il 55% circa, ottengono una delle tre forme di protezione previste dal nostro ordinamento (status di rifugiato, protezione sussidiaria e proposta di protezione umanitaria).
L’anno successivo il governo italiano avvia una serrata attività di respingimenti e “riaccompagnamenti” verso la Libia in accordo con il governo di Tripoli, e gli sbarchi di migranti e potenziali richiedenti asilo sulle nostre coste vedono una drastica diminuzione. In tutto, il 2009 registra 19.100 richiedenti. Le domande esaminate nell’anno sono ben 25.100 (pesa l’arretrato dell’anno precedente), ma i riconoscimenti di una delle tre forme di protezione non superano il totale di 10.100 , cioé il 40%.
Nel 2010 le richieste registrate sono nuovamente in forte calo, 12.100: le presentano soprattutto persone fuggite da Paesi della ex Jugoslavia, dalla Nigeria, dal Pakistan, dalla Turchia e dall’Afghanistan. Nell’anno ne vengono esaminate 14.000, con il 54% di riconoscimenti, per un totale di 7.600: 2.100 riconoscimenti di rifugiato, 1.800 di protezione sussidiaria e 3.700 proposte di protezione umanitaria.
Al gennaio 2011, secondo il database internazionale dell’UNHCR, l’Italia ospita in condizioni più o meno dignitose 56.400 “rifugiati” in senso lato (cioé persone cui ha riconosciuto una delle tre forme di protezione internazionale). La Germania ne ospita oltre 594.000, la Francia quasi 201.000 e il Regno Unito oltre 238.000.
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