E’ il 2000. Anno che segna l’inizio della Seconda Intifada, un nuovo periodo di scontro tra israeliani e palestinesi. Il conflitto si inasprisce in forme accese e pone fine all’instabile processo di pace iniziato nel 1993. Il numero delle vittime cresce, come quello di quanti sono disposti a immolare la propria vita per la causa palestinese. Questo permette al governo di Israele di inasprire i controlli sui territori occupati, con la scusa di contrastare ulteriori atti violenti a danno della popolazione civile. Quale strumento permette un controllo simile, se non una barriera in grado di bloccare fisicamente chiunque tenti di valicarne i confini? Da qui l’idea della costruzione della “barriera di separazione israeliana”, soprannominata dai contrari alla sua edificazione “muro delle vergogna” o “dell’apartheid”. Il muro, alto circa otto metri e lungo 700 Km, disseminato di impianti di sorveglianza, recinzioni elettroniche e controllato continuamente dai militari, divide la Cisgiordania da Israele.
Le polemiche
I lavori di costruzione sono quasi conclusi. Negli anni trascorsi, il tracciato del muro è stato più volte modificato a seguito delle numerose polemiche sollevate a livello internazionale, che mettevano in dubbio la legittimità della recinzione. La barriera, infatti, viola i principi minimi dei diritti umani. Alla popolazione palestinese viene impedito il raggiungimento di alcune tra le zone più fertili del Paese, in cui si trovano la maggioranza dei territori coltivabili e circa trenta sorgenti d’acqua. Il muro rappresenta un tentativo piuttosto esplicito di indebolire ulteriormente la popolazione palestinese dal punto di vista sociale, economico e ambientale. Per la sua realizzazione sono state confiscate terre e sradicati alberi. La prima a condannare la costruzione del “muro della vergogna” è stata l’Assemblea Generale delle Nazioni Unite nel 2003, ma Israele ha respinto la risoluzione. L’anno successivo la Corte Internazionale di Giustizia dell’Aia ha confermato l’opinione dell’ONU, dichiarando l’opera contraria al diritto internazionale. Il governo israeliano ha modificato solo parte del tracciato, ma ha continuato la costruzione della barriera, nonostante questa isoli numerose città come Qalqiliya e Tulkarem. La stessa Gerusalemme è percorsa dalla recinzione.
Alla vigilia della morte di Ariel Sharon, ex premier di Israele e uno dei più grandi simboli dello scontro tra Israele e Palestina, è importante ricordare ciò che è stato e ciò che continua ad essere nonostante il tempo che passa. Un muro simbolo di una lotta continua e radicata che sembra non avere fine.
3 commenti
Perdona loro, Gesù, perché non sanno quello che fanno.
[…] – Israele e Cisgiordania, sito Internet Vie di Fuga, 22 gennaio 2014, disponibile all’indirizzo https://viedifuga.org/tutti-i-muri-del-mondo-israele-e-cisgiordania/, ultimo accesso 25/03/2017 ore […]
Mi dispiace per i palestinesi