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WelcHome. Quando accogliere in famiglia fa la differenza

Dal 2008 ad oggi, grazie al progetto di “Rifugio Diffuso” di Torino, sono state accolte in famiglia 143 persone. Una modalità di accoglienza in espansione e inserita da poco all’interno dello SPRAR.

Video: Storie di rifugiati accolti in famiglia, Daniela Sala

Accogliere persone aventi qualche forma di protezione internazionale in famiglia è possibile e numerose ormai sono le storie che si possono raccontare.
La giornalista Daniela Sala di Radio Radicale ha intervistato quattro giovani ragazzi inseriti nel Rifugio Diffuso tramite il progetto del Comune di Torino in collaborazione con l’Ufficio Pastorale Migranti di Torino.

Due storie esemplari: accogliere in famiglia? Si può fare!

Mallam (ghanese) e Moussa (maliano) sono due giovani di 23 e 24 anni accolti a Cervasca (CN) da Alioune, signore senegalese in Italia dal 1986. Il percorso dei due ragazzi, arrivati in Italia nel 2011, è stato lungo: usciti dalla prima accoglienza hanno abitato all’Ex Moi per quasi tre anni, hanno frequentato corsi di formazione professionale e sono stati seguiti da operatrici dell’Ufficio Pastorale Migranti nell’ambito della formazione al lavoro e della ricerca attiva del lavoro. Avendo poi accolto positivamente la proposta del Rifugio Diffuso, si sono trasferiti in provincia di Cuneo pochi mesi fa e hanno iniziato una borsa lavoro presso un’impresa dolciaria locale.

Nella seconda situazione di accoglienza invece, i due rifugiati eritrei Girmay e Alamin vivono con Ibrahim in un alloggio in affitto trovato tramite un volontario, Francesco Tresso. Il Rifugio Diffuso è quindi un modello che funziona per la sua flessibilità: in questo caso l’affitto e le spese vengono coperte dai fondi del progetto e allo stesso tempo si tratta comunque di un contesto che avvia ad una maggiore indipendenza.

Piccoli numeri e un grande lavoro per un’integrazione reale 

Attualmente sono 28 le persone accolte in 26 famiglie, ma il progetto è in espansione e il modello potrebbe anche essere applicato al di fuori dello SPRAR, come suggerisce Sergio Durando, il direttore dell’Ufficio Pastorale Migranti di Torino. Si tratta certamente di un grande carico di lavoro per l’inserimento e il monitoraggio delle accoglienze che però porta a risultati migliori e ad un’integrazione reale, come ricorda in conclusione Salvatore Bottari del Servizio Stranieri del Comune di Torino.

Se non entriamo nell’ottica di un mondo diverso, più aperto, siamo perdenti e quindi la soluzione, che mi è piaciuta molto, del progetto Rifugio Diffuso, quella dell’accoglienza più sul territorio, [credo] sia quella che risponde di più a non creare delle situazioni di paura e anche all’integrazione, quella reale” (Daniela Martini, cugina di Alioune).

L’inchiesta su FaiNotizia Radio Radicale: http://www.fainotizia.it/inchiesta/01-10-2015/welchome-storie-di-rifugiati-accolti-famiglia

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