Giovani nigeriani ai tempi di Boko Haram/ 2
E., 21 ANNI, NIGERIANO, condivide un appartamento a Torino Nord con altri giovani connazionali. Quando entriamo nella sua stanza veniamo per un attimo catapultati in un altro mondo: ovunque vediamo immagini sacre e simboli religiosi e, come in una chiesa evangelica, tutto sembra “muoversi” al ritmo della musica liturgica che esce ad alto volume da un piccolo stereo… Prima di entrare in camera, quasi a farci rispettare la sacralità del luogo, E. ci chiede di toglierci le scarpe e di attenderlo mentre finisce le sue preghiere quotidiane. Dopo alcuni minuti iniziamo a parlare e subito ci racconta di quanto sia stata importante la preghiera per la sua sopravvivenza durante il viaggio dalla Nigeria. “Dio mi ha salvato perché lo pregavo continuamente di farmi arrivare vivo, non sarei mai potuto sopravvivere in mare tutti quei giorni senza cibo e senza acqua”. Dal racconto di E. si capisce che le condizioni del viaggio sono state durissime. Questi sette terribili giorni in mare si aggiungono ad altri interminabili giorni di viaggio che dalla Nigeria gli hanno fatto attraversare il Niger prima e la Libia poi. “Ero il preferito di mio padre…” L’ha spinto a scappare dal suo villaggio natale una grave minaccia: “I miei fratelli mi hanno minacciato di morte, volevano uccidermi per motivi economici, credevano che io avessi rubato dei soldi che non mi spettavano”. Una faida familiare, probabilmente per un’eredità che spettava a lui e che i fratelli non hanno mai accettato: “Io ero il preferito di mio padre e questo a