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Archivio Day: Marzo 10, 2016

Giovani nigeriani ai tempi di Boko Haram/ 2

E., 21 ANNI, NIGERIANO, condivide un appartamento a Torino Nord con altri giovani connazionali. Quando entriamo nella sua stanza veniamo per un attimo catapultati in un altro mondo: ovunque vediamo immagini sacre e simboli religiosi e, come in una chiesa evangelica, tutto sembra “muoversi” al ritmo della musica liturgica che esce ad alto volume da un piccolo stereo… Prima di entrare in camera, quasi a farci rispettare la sacralità del luogo, E. ci chiede di toglierci le scarpe e di attenderlo mentre finisce le sue preghiere quotidiane. Dopo alcuni minuti iniziamo a parlare e subito ci racconta di quanto sia stata importante la preghiera per la sua sopravvivenza durante il viaggio dalla Nigeria. “Dio mi ha salvato perché lo pregavo continuamente di farmi arrivare vivo, non sarei mai potuto sopravvivere in mare tutti quei giorni senza cibo e senza acqua”. Dal racconto di E. si capisce che le condizioni del viaggio sono state durissime. Questi sette terribili giorni in mare si aggiungono ad altri interminabili giorni di viaggio che dalla Nigeria gli hanno fatto attraversare il Niger prima e la Libia poi. “Ero il preferito di mio padre…” L’ha spinto a scappare dal suo villaggio natale una grave minaccia: “I miei fratelli mi hanno minacciato di morte, volevano uccidermi per motivi economici, credevano che io avessi rubato dei soldi che non mi spettavano”. Una faida familiare, probabilmente per un’eredità che spettava a lui e che i fratelli non hanno mai accettato: “Io ero il preferito di mio padre e questo a

Giovani nigeriani ai tempi di Boko Haram/ 1

P.M. e I.C, 25 e 27 ANNI, NIGERIANI, arrivano a Palermo nell’estate del 2014. Si incontrano per la prima volta a Torino, dove nascerà la loro amicizia condividendo la stessa casa assegnata ad entrambi da un progetto SPRAR… “Sono partito dalla Nigeria all’inizio di giugno 2014 e prima di arrivare in Italia ho attraversato il Niger e la Libia”, ci racconta P., mentre I. è scappato dal suo Paese nel febbraio 2014. Entrambi, di etnia esan, provengono dallo Stato di Edo, da due piccoli villaggi chiamati Ishan e Auchi, ma ad accomunarli non è solo questo. Ciò che li lega, infatti, è il motivo della fuga: entrambi sono fuggiti dalla Nigeria a causa degli attacchi e delle violenze di Boko Haram che stanno tragicamente colpendo la popolazione. Sono passati per il Niger per raggiungere poi la Libia viaggiando su camion e furgoni. Quella Libia impossibile I. ha lavorato qualche mese in Libia: “Ho fatto il muratore per cinque mesi a Tripoli e ho messo da parte i soldi che mi servivano per lasciare l’Africa”. P. invece ha dovuto andarsene quasi subito dalla Libia a causa della guerra: “Sono arrivato dopo aver attraversato il Niger, anch’io con la speranza di restare a lavorare un po’ lì ma era impossibile”. Così si è imbarcato per l’Italia con una nave: “In 24 ore sono arrivato a Palermo, le condizioni di quel viaggio erano terribili: non avevamo né cibo né acqua”. Anche I. racconta di quel viaggio in nave con lo stesso terrore e la stessa

“Le storie”: giovani nigeriani ai tempi di Boko-Haram

Oggi on line tre nuove testimonianze nella sezione “Le storie”. Protagonisti, quattro giovani nigeriani in fuga dall’instabilità del loro Paese.

Giovani nigeriani ai tempi di Boko Haram/ 3

“Sono partito da Auchi con due amici, siamo scappati perché rischiavamo di morire”. Così inizia il racconto di A. S., 22 ANNI, quando gli chiediamo di parlarci della sua vita in NIGERIA e dei motivi che l’hanno spinto a partire… “Avevamo tutti paura della situazione che c’era, degli attentati di Boko Haram e di quello che ci poteva succedere”. Ma quello che lo aspetta durante il suo viaggio non sarà meno rischioso. Quando arriva in Libia infatti A. non riesce neanche a provare cosa sia la tranquillità e la libertà: “Eravamo arrivati da pochi giorni in Libia e subito ci hanno arrestati solo per il fatto di essere nigeriani”. A. viene subito a contatto con il razzismo delle forze dell’ordine libiche e con la violenza dovuta unicamente al colore della pelle e alla provenienza. “Là sono rimasto cinque mesi in carcere prima di riuscire a fuggire, non ce l’avrei fatta a sopravvivere, mangiavamo pochissimo ed eravamo in 11 in una cella, litigavamo continuamente e le guardie si divertivano a vederci litigare”. Una vita da clandestino Evadere era l’unica via d’uscita da quella situazione invivibile: “Le condizioni igieniche erano terribili, non c’erano letti e le malattie erano diffusissime. La gente non si lavava perché era pericoloso persino farsi la doccia”. Dopo la fuga A. riesce a trovare lavoro a Tripoli e per tre mesi vive clandestinamente. Grazie al suo lavoro può mettere da parte i soldi per il viaggio verso l’Europa. Da questo momento in poi le cose non saranno così semplici per lui: “Durante il

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IL DIRITTO D’ASILO - REPORT 2020

“Alcune volte è una fuga, altre una scelta, sempre contiene una speranza e una promessa. La strada di chi lascia la sua terra”. Una graphic novel che racconta alle nuove generazioni le storie, le persone e le ragioni delle migrazioni.

La vignetta

by Mauro Biani – Repubblica
maurobiani.it

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