Al netto della politica italiana dei “porti chiusi” alle ONG, la vergogna dei migranti cui viene negato lo sbarco nei porti europei si sarebbe potuta evitare se i governi dell’UE avessero accolto definitivamente la riforma del regolamento “Dublino III” che nel 2017 ha avuto il via libera dell’Europarlamento, ma rimane bloccata in sede di Consiglio europeo. Intanto, l’Italia rimane un'”osservata speciale” per l’accoglienza dei dublinanti trasferiti nel nostro Paese. ***Aggiornamento 24 gennaio: ultimo “caso” Sea Watch, l’appello delle associazioni***
Ci risiamo, naturalmente: ancora migranti e rifugiati senza un porto dove sbarcare, tranne naturalmente quelli libici (e ancora morti in mare). Ma fra dicembre e i primi di gennaio, nel bel mezzo del caso Sea Watch e Sea Eye, c’è chi lo ha sottolineato a chiare lettere: al netto della politica italiana dei “porti chiusi” alle ONG, la vergogna di quei giorni (e di questi) si sarebbe potuta evitare se i governi europei avessero accolto definitivamente la riforma del regolamento “Dublino III” che nel 2017 ha avuto il via libera dall’Europarlamento: la richiesta d’asilo dei 49 migranti raccolti dalle navi di Sea Watch e Sea Eye, in qualunque porto dell’UE fossero sbarcati, avrebbe potuto essere esaminata in altri Paesi dell’Unione, secondo meccanismi che superano il criterio del “Paese di primo arrivo”.
Ma ad oggi la riforma del Dublino III è ancora bloccata in sede di Consiglio europeo, soprattutto per la grettezza di alcuni Paesi membri (per ironia della sorte, proprio quelli considerati più amici dai “sovranisti” italiani).
Intanto il regolamento Dublino III “funziona” a pieno ritmo, nelle sue storture. Secondo l’ultimo monitoraggio pubblicato dall’ECRE (lo European Council on refugees and exiles), l’Italia nel primo semestre del 2018 è il Paese che ha ricevuto il maggior numero di richieste di presa in carico di richiedenti asilo dagli altri Paesi aderenti al regolamento: circa 10.700 dalla Germania, 1.600 dalla Svizzera, 1.200 dall’Austria e 1.100 dall’Olanda.
Osservati speciali
Ma almeno in alcuni Stati d’oltralpe l’Italia rimane una sorta di osservato speciale per quanto riguarda l’accoglienza delle persone e delle famiglie che vengono reinviate nel nostro Paese a norma del Dublino III, i cosiddetti “dublinanti”.
Ad esempio, un recente monitoraggio congiunto di due organismi di società civile, il Consiglio danese per i rifugiati e il Consiglio svizzero per i rifugiati, ha documentato la situazione di 13 persone e famiglie vulnerabili (nuclei con un solo genitore, persone con disturbi mentali o vittime di violenza) trasferite in Italia.
«I 13 casi di studio rivelano che i richiedenti asilo vulnerabili trasferiti in Italia ricevono un’accoglienza segnata dalla casualità», si legge nel rapporto dell’indagine svizzero-danese. In alcuni dei 13 casi l’accesso al sistema d’accoglienza è stato negato del tutto al momento dell’arrivo in Italia, oppure è stato offerto con molto ritardo, «cosa che ostacola in modo significativo l’accesso alla procedura di asilo italiana».
Però anche dopo l’ingresso nel sistema, «spesso con standard ben lontani dall’essere adeguati alle esigenze di queste persone», i dublinanti vulnerabili si ritrovano a rischio di perdere il loro diritto all’accoglienza.
Sulla base dei 13 casi documentati dai Consigli danese ed elvetico per i rifugiati, i dublinanti vulnerabili trasferiti in Italia sono a rischio di “maltrattamenti” secondo quanto stabilito dall’art. 3 della Convenzione europea sui diritti umani e dell’art. 4 della Carta dei diritti fondamentali dell’UE.
Quello SPRAR a scartamento ridotto
Ma c’è di più: il rischio di violazione dei diritti fondamentali dei dublinanti «si è accresciuto dopo i cambiamenti introdotti dal decreto Salvini (il decreto “immigrazione e sicurezza” n. 113 convertito nella legge 132/2018, ndr), che peggiorano in modo significativo il sistema d’accoglienza italiano».
Nel mirino del Consiglio danese e di quello svizzero c’è in particolare l’amputazione dello SPRAR, la parte migliore del sistema, che la nuova legge vuole riservata ai soli beneficiari di protezione internazionale (i beneficiari dello status di rifugiato e della protezione sussidiaria) e ai minori non accompagnati, tagliando fuori i beneficiari di protezione umanitaria e i richiedenti asilo.
Nel 2014 la Corte europea dei diritti umani di Strasburgo aveva stabilito, nella causa “Tarakhel versus Svizzera”, che i Paesi aderenti al regolamento Dublino III devono assicurarsi presso le autorità italiane che i richiedenti asilo con “bisogni speciali” siano accolti adeguatamente nel nostro Paese prima di ordinare il loro trasferimento.
Nel 2018, a partire dai mesi in cui il decreto “immigrazione e sicurezza” era ancora in gestazione, in Francia alcuni tribunali locali hanno sospeso vari trasferimenti individuali verso l’Italia, e in Olanda il Servizio per l’immigrazione e la naturalizzazione il trasferimento di alcune famiglie con bambini.
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Collegamento
*** Aggiornamento – “Basta con le persone costrette a ricorrere ai trafficanti”: ultimo “caso” Sea Watch, l’appello delle associazioni (24 gennaio 2019)***
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