Gli sviluppi dell’Agenda europea sulla migrazione propongono impegni «ridicoli» nei numeri e discriminanti, ma anche a doppio taglio per la situazione italiana. Sarebbe necessaria, invece, una riforma del regolamento “Dublino 3”. Però anche l’Italia dovrebbe finalmente realizzare un Piano di accoglienza in tutte le regioni per un totale di 100 mila persone.
Va bene, in Europa bisogna mediare e nelle prossime settimane si dovranno appianare gravi resistenze. Ma non si può certo esultare per gli sviluppi dell’Agenda migrazione dell’Ue. In questi giorni lo ha detto con chiarezza il Centro Astalli di Roma, che nelle cifre dell’accoglienza “condivisa” richieste da Bruxelles vede dei «numeri ridicoli».
«Ricordiamo che per i soli siriani l’Alto commissariato per i rifugiati aveva chiesto un reinsediamento di 130mila persone», argomenta il Centro Astalli. Mentre oggi «leggiamo di un progetto di reinsediamento facoltativo da parte degli Stati membri di 20 mila rifugiati in due anni».
Quanto al “ricollocamento” dei richiedenti asilo lo sconcerto è ancora maggiore. «Secondo l’Agenda, la misura riguarderebbe solo 40 mila persone in due anni di cui 24 mila dall’Italia e 16 mila dalla Grecia. Solo lo scorso anno l’Italia ha assistito allo sbarco di 170 mila persone…».
Una trappola nel nome di Dublino
E poi c’è il il potenziamento del fotosegnalamento e dell’identificazione coatti attraverso le impronte digitali. Questo è quanto richiede il regolamento “Dublino”, certo, ma «rappresenta una seria criticità perché di fatto comporterebbe per l’Italia l’onere di accogliere sul proprio territorio un numero di domande di asilo molto più alto delle 60 mila presentate nel 2014… con un effetto esattamente contrario al principio di ripartizione dei rifugiati tramite il ricollocamento previsto dall’Ue. Fatta eccezione per i 24 mila “ricollocabili”, gli altri sarebbero costretti a rimanere tutti in Italia».
Diritto d’asilo “etnico”? No grazie?
Mons. Gian Carlo Perego, direttore della Fondazione Migrantes, parlando con l’agenzia Sir ha giudicato «positiva» l’estensione delle operazioni di controllo e soccorso da 30 a 138 miglia dalle coste italiane. Però la scelta delle “nazionalità ricollocabili” nei Paesi membri dell’Ue, quella siriana e quella eritrea, «è discriminante nei confronti dei richiedenti asilo e non è nella linea della storia giuridica del diritto di asilo».
«Ci auguriamo che a metà giugno (il 15 del mese, quando si terrà il Consiglio dei ministri degli Interni dell’Unione, ndr) ci sia una riflessione più complessiva e si arrivi alla revisione del regolamento di Dublino, che è l’aspetto prioritario», sottolinea Perego.
Però anche l’Italia potrebbe (e dovrebbe) organizzare «in maniera forte e decisa un piano di accoglienza in tutte le regioni per almeno 100 mila persone»: un piano stabile, pronto per questa e future “emergenze”.
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