La testimonianza da Bihać, in Bosnia, della coordinatrice dei progetti IPSIA-ACLI sulla rotta balcanica alla prima presentazione del nuovo dossier della rete RiVolti ai Balcani: la situazione dei migranti di Lipa (800 sono ancora bloccati sull’altipiano) e nel Paese, e alcune indicazioni per tutti coloro che desiderano mobilitarsi concretamente per offrire aiuti.
«Dei 1.500 migranti di Lipa, sull’altipiano, in parte si sono spostati a Sarajevo in un campo sovraffollato, quello di Blažuj (con 3.300 persone anziché le 2.400 previste) e in parte a Bihać in ricoveri di fortuna. Ma 800 si trovano ancora fra gli scheletri del campo bruciato. Nell’ultimo mese abbiamo assistito a un braccio di ferro estenuante tra l’UE, il governo della Federazione e i governi locali e non si è trovato un compromesso. C’era il campo di Bira, nella municipalità di Bihać, però il governo cantonale e il Comune non hanno dato il permesso di riaprirlo. Così le 800 persone rimangono bloccate là sull’altipiano: lo saranno fino a un intervento strutturale, con un campo gestito ancora dall’OIM ma attrezzato diversamente da come era prima».
Silvia Maraone, coordinatrice per i Balcani dei progetti IPSIA-ACLI, ha testimoniato ieri dalla Bosnia ciò che sta avvenendo nella zona di Bihać dopo l’incendio che, sotto Natale, ha devastato il campo provvisorio di Lipa, a 30 chilometri dal capoluogo. Il suo intervento si è tenuto nell’incontro di prima presentazione del dossier I migranti senza diritti nel cuore dell’Europa della rete RiVolti ai Balcani, organizzato con Mediterranea Saving Humans.
Cannoni spara-aria contro il gelo
«Oggi a Lipa cerchiamo di sostenere i bisogni delle persone. I soggetti presenti sul territorio non sono numerosi – spiega Maraone -. Noi operiamo attraverso il contributo del nostro partner di sempre, la Caritas. E supportiamo la Croce rossa locale. Il governo bosniaco a Lipa ha montato 20 tende militari da 30 posti l’una. Ne abbiamo attrezzate alcune con cannoni “spara-aria” per provare a riscaldarle. Ci sono toilette chimiche, ma non sono certo adatte, a meno 10 sottozero».
Manca l’acqua corrente. I pasti sono forniti una volta al giorno dalla Croce rossa. Esiste una rete di organizzazioni e volontari che con la Croce rossa sta distribuendo abiti e scarpe. «Oggi arriverà un trasporto di legna. Ma qui serve un intervento strutturale. In Bosnia è “emergenza”, e da tre anni, ma che cosa accadrà nel prossimo inverno? È evidente che questo Paese rimarrà l’ultima frontiera prima dell’UE: bisogna che se ne parli, che si denunci quello che avviene».
I migranti in Bosnia | |
9.000 ca. | I migranti “in transito” oggi presenti nel Paese. |
6.000 ca. | I migranti in transito alloggiati nei 5 campi ufficiali oggi attivi (a gestione OIM). |
3.000 ca. | I migranti in transito senzatetto o in insediamenti “informali”. |
77 milioni di euro | I fondi UE destinati all’aiuto di migranti e rifugiati in Bosnia all’OIM o attraverso l’OIM a partire dal giugno 2018. |
Fonti: IPSIA-ACLI e OIM Bosnia 2021 |
Nel collo di bottiglia
La Bosnia-Erzegovina dal 2018 è il “collo di bottiglia” della rotta balcanica verso l’UE, «anche per tante famiglie, bambini e minori non accompagnati – sottolinea ancora Maraone –. Una “rotta” difficile: vi si muore nei fiumi ghiacciati, nei boschi, vi si scompare cadendo vittima di traffico». Il Paese è come schiacciato tra due flussi di migranti. Uno arriva da Serbia e Montenegro, proveniente dalla Grecia. Le persone giungono in un Paese ancora fragile dopo la guerra del 1992-1995, diviso, e trovano poca accoglienza. «Ma poi da nord ci sono i flussi di “rientro”, i migranti che subiscono i pushback, i respingimenti sommari dal confine croato, a 11 chilometri da dove mi trovo».
Da Maraone l’ennesima conferma: queste persone «sono vittime di violenze di polizia che non risparmiano famiglie e minori. Tutti i giorni, quando lavoriamo nei campi o negli insediamenti informali in edifici abbandonati o nei boschi, troviamo persone che sono state percosse, violate, in alcuni casi violentate».
Per chi vuole aiutare a Lipa e a Bihac
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