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Albania, pronti con cinque mesi di ritardo i due centri italiani per i migranti

L’hotspot di Schengjin e il centro d'”accoglienza” di Gjader saranno riservati a migranti di sesso maschile, “non vulnerabili” e giunti da “Paesi sicuri”. Ma la loro attività potrebbe essere ostacolata da una recente sentenza della Corte di giustizia dell’UE, che è intervenuta proprio sulla gestione delle liste dei Paesi (presunti) sicuri negli Stati membri dell’Unione, in vari casi non conforme al dettato comunitario.

Foto satellitare dell’area di Gjader, Albania (da Google Maps 2024).

 

E’ pronto ad aprire il centro d'”accoglienza” di Gjader, in Albania, dopo essere stato consegnato giovedì al ministero dell’Interno italiano. Al porto di Schengjin, a 20 chilometri di distanza sulla costa, è stato già allestito anche un hotspot per l’identificazione dei migranti soccorsi in mare da navi italiane. Mentre a Gjader sarà operativo un centro per il trattenimento di richiedenti asilo di 880 posti, un CPR di 144 e persino un penitenziario per gli “ospiti” che dovessero commettere reati, per altri 20 posti.

Il varo di questo controverso progetto di esternalizzazione delle pratiche d’asilo avviene con cinque mesi di ritardo (era previsto per maggio).

La coppia di centri sarà riservata a migranti di sesso maschile, “non vulnerabili” e giunti da “Paesi sicuri“. Ma secondo l’attrezzata rivista on line Questione giustizia, la loro attività potrebbe essere ostacolata da una recente sentenza della Corte di giustizia dell’UE, che è intervenuta proprio sulla gestione delle liste di Paesi sicuri negli Stati membri dell’Unione, in vari casi non conforme al dettato comunitario.

«La soluzione indicata dalla Corte – avverte uno dei contributi pubblicati dalla rivista negli ultimi giorni – avrà conseguenze particolarmente rilevanti per le procedure in frontiera (da poco riattivate e di cui si sono recentemente occupati i Tribunali di Palermo e Catania in sede di convalida dei trattenimenti) e rischia di porre nel nulla la possibilità stessa di dare esecuzione al protocollo Albania, dove dovrebbero essere portati i richiedenti soccorsi in acque internazionali».

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