Il vademecum della CEI pubblicato ieri ricorda che l’accoglienza dei migranti è un «diritto-dovere» della Chiesa e, a partire da questi mesi, risponde a un preciso appello di papa Francesco. Le Diocesi non gestiscono direttamente i servizi per richiedenti asilo e rifugiati: i “luoghi giusti” sono locali parrocchiali, appartamenti, famiglie, case religiose, monasteri e spazi legati a un santuario, con precise modalità.
«L’azione di carità nei confronti dei migranti è un diritto e un dovere proprio della Chiesa e non costituisce esclusivamente una risposta alle esigenze dello Stato, né è collaterale alla sua azione. Il gesto concreto dell’accoglienza è piuttosto un “segno” che indica il cammino della comunità cristiana nella carità. Per questo, la Diocesi non si impegna a gestire i luoghi di prima accoglienza (CARA, hub…), né si pone come soggetto diretto nella gestione di esperienze di accoglienza dei migranti». Piuttosto, i luoghi giusti sono locali parrocchiali, appartamenti in affitto o in uso gratuito, famiglie, case religiose o monasteri, o gli spazi legati a un santuario, «che spesso tradizionalmente hanno un hospitium o luogo di accoglienza dei pellegrini».
Per la concretezza del Vangelo
È uscito ieri l’atteso vademecum della CEI (Conferenza episcopale italiana) per le Diocesi sull’accoglienza di richiedenti asilo e rifugiati. Il documento è un gesto concreto della Chiesa italiana in risposta all’appello di papa Francesco dello scorso 6 settembre, ormai alla vigilia dell'”Anno santo della Misericordia”.
Quel giorno papa Bergoglio aveva chiesto «alle parrocchie, alle comunità religiose, ai monasteri e ai santuari di tutta Europa ad esprimere la concretezza del Vangelo e accogliere una famiglia di profughi».
Già oggi, su circa 95 mila richiedenti asilo e migranti ospitati nei diversi Centri di accoglienza ordinaria (CARA) e straordinari (CAS) e nel Sistema di protezione dei richiedenti asilo e rifugiati (SPRAR), varie diocesi, parrocchie, famiglie e comunità religiose ne accolgono oltre 22 mila in circa 1.600 strutture.
Cosa si può fare (e cosa è meglio non fare)
Il vademecum CEI, dal titolo Indicazioni alle Diocesi italiane circa l’accoglienza dei richiedenti asilo e rifugiati, esordisce con le motivazioni dell’accoglienza. Prosegue con le indicazioni sul «Percorso di accoglienza» (prima di accogliere, le comunità vanno preparate e formate: qui un ruolo centrale è affidato alle Caritas e alle Pastorali Migranti regionali e diocesane).
Poi il documento passa alle «Forme di accoglienza» concretamente possibili e consigliate (e sconsigliate): luoghi, categorie di migranti in ospitalità, tempi. Con altrettanta concretezza affronta per sommi capi gli «Aspetti amministrativi e gestionali» e quelli «fiscali e assicurativi».
Segnala ancora l’istituzione presso la CEI di un Tavolo di monitoraggio dell’accoglienza dei richiedenti asilo e dei rifugiati e la disponibilità, da parte della stessa Conferenza episcopale, a erogare «eventuali contributi» a Diocesi particolarmente bisognose. E rimarca un aspetto chiave delle odierne migrazioni più o meno forzate: «Il diritto di rimanere nella propria terra» (tra l’altro, nell’anno giubilare le Chiese in Italia si impegneranno a sostenere 1.000 micro-realizzazioni nei Paesi di provenienza dei migranti in fuga da guerre, fame, disastri ambientali, persecuzioni politiche e religiose).
Per l’approfondimento della situazione dei Paesi di provenienza, il vademecum rimanda a nove schede curate da Vie di fuga e dedicate ai principali Paesi d’origine dei potenziali richiedenti asilo e migranti che sbarcano sulle coste italiane e di quelli che decidono di chiedere effettivamente protezione nel nostro Paese.
Allegati
Da dove arrivano, da cosa fuggono: nove schede Paese per il vademecum (file .pdf)
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