Anija La nave – di Roland Sejko – Documentario – Italia 2012 – 80′
Nel 1991 fra marzo e agosto sbarcarono in Italia, a Brindisi, migliaia di albanesi in fuga dalla loro terra. Arrivarono con navi mercantili, molti arrivarono in ciabatte, stremati, accalcati. Il documentario di Roland Sejko, presentato nella rassegna del Torino Film Festival dedicata ai documentari, ricostruisce una tragica vicenda umana con un dettagliato lavoro di archivio (video e fotografico) proponendo allo spettatore le immagini di un esodo che si è impresso nella memoria degli italiani.
Il lavoro del documentarista albanese si concentra sulla terra di partenza, l’Albania, dandocene lo spaccato di ieri e di oggi. Attraverso filmati d’epoca ricordiamo la Storia e ri-scopriamo le ragioni della fuga di 27.000 persone. Nel 1941 in Albania fu fondato il Partito comunista, negli anni successivi si consumò lo strappo dalla Russia, poi dalla Cina, fino all’autoisolamento assoluto: «eravamo delle ombre con una lontana origine umana», dice uno dei testimoni intervistati. Per le «attività eversive contro il potere popolare» c’era la condanna a morte. Qualche mese dopo la caduta del muro di Berlino, gli albanesi scoprirono il loro muro da scavalcare. Le ambasciate a Tirana venero prese d’assalto e così anche il porto di Durazzo, con le sue navi in partenza verso il resto del mondo e verso un ideale di libertà.
Il governo, ancora in grado di controllare i media, mandò dei pretoriani a gridare a chi si era rifugiato dietro ai cancelli della diplomazia: «Vi hanno ingannati, dove credete di andare?». Ma l’esodo era ormai inevitabile perché le persone non cercavano la fuga per ottenere una vita facile ma desideravano sentirsi liberi e poter dire “No” senza vivere la paura di essere condannati a morte o rinchiusi nei campi di prigionia. Le immagini dei tentativi di partenza dal porto di Durazzo sono potentissime, soprattutte quelle della nave Vlora, letteralmente presa d’assalto e che sembrava ricolma di persone al di là della sua capacità.
Roland Sejko sceglie uno stile classico, scegliendo di intervistare chi ha vissuto quelle traversate in mare negli anni ’90, chi è restato in Italia e chi è tornato in Albania. Sono racconti testimoni di storie diverse, di emozioni forti, di episodi di coraggio, di paura e di solidarietà (la popolazione brindisina scese in campo immediatamente per prestare soccorso ai profughi).
Il regista stesso prese una delle barche delle speranza, aveva allora 23 anni e vive tuttora in Italia. “Nella mia città a 80 chilometri da Durazzo avevo qualche notizia di quel che stava avvenendo nel porto e quando arrivai lì prevalse, come per altri connazionali, l’impulso improvviso di andarmene dal mio paese” spiega Sejko in un’intervista.
Il documentario è stato fortemente voluto dall’Istituto Luce e speriamo troverà spazio nella programmazione della televisione italiana perché si tratta di un lavoro necessario, di una storia importante, di un racconto da non dimenticare.
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