Fra il 29 e il 30 dicembre 900 dei migranti, rifugiati e richiedenti asilo abbandonati nella zona di Lipa, in Bosnia, sono stati fatti salire su 20 autobus per essere trasferiti. Ma alla fine il convoglio non è partito, bloccato da uno stallo decisionale e per le proteste degli abitanti della zona. Ieri la protesta dei migranti. Un appello della rete RiVolti ai Balcani si unisce a quelli delle organizzazioni internazionali e di attivisti e cittadini bosniaci e balcanici.
Trovare una soluzione immediata all’emergenza umanitaria nell’area di Bihać e in tutta la Bosnia-Erzegovina. Trovare soluzioni a lungo termine per dotare il Paese di un efficace sistema di accoglienza e protezione dei rifugiati. E realizzare un programma di sgombero umanitario per suddividere i migranti in tutti i Paesi dell’Unione Europea.
È quanto la rete RiVolti ai Balcani (composta da oltre 36 organismi e persone impegnate per il rispetto dei diritti umani nella regione) chiede all’UE, all’UNHCR, all’OIM, alle maggiori autorità del precario sistema politico bosniaco (dal Consiglio dei ministri di Bosnia-Erzegovina alle istituzioni delle due entità del Paese, la Federazione e la Republika Srpska) e a quelle locali del Cantone di Una Sana e del Comune di Bihać.
RiVolti ai Balcani raccoglie così e condivide gli appelli già lanciati da singoli cittadini, attivisti e volontari bosniaci, ma anche dalla rete regionale Transbalkanska Solidarnost, per «fermare la catastrofe umanitaria che si sta verificando soprattutto nel cantone di Una Sana, dove 3.000 migranti, richiedenti asilo e rifugiati sono accampati all’aperto. Fra loro, i 1.500 nel campo provvisorio di Lipa, a 30 chilometri da Bihać, per i quali né le autorità locali né quelle internazionali hanno voluto trovare una soluzione».
«Da mesi ormai – riferisce RiVolti ai Balcani – un numero crescente di organizzazioni internazionali, associazioni e volontari denunciano le condizioni di vita insostenibili di queste persone che arrivano dalla rotta migratoria balcanica. Prima di tutto nel campo di fortuna Lipa, non realizzato per affrontare i mesi invernali, dove l’acqua veniva erogata da una cisterna e i generatori producevano poca energia, ma anche in altri campi di transito in Bosnia, gestiti dall’OIM ma la cui costruzione o adeguamento è guidata dalle autorità bosniache».
Malgrado gli appelli del Commissario per i diritti umani del Consiglio d’Europa e dell’UNHCR e il successivo, inutile, tentativo del Consiglio dei ministri bosniaco di convincere le autorità cantonali a realizzare strutture d’accoglienza dignitose, l’OIM ha deciso di chiudere il campo e il 23 dicembre, il giorno stabilito, esso è stato quasi completamente distrutto da un incendio.
L’UNHCR e l’OIM, insieme al Danish Refugee Council e a Save the Children, anch’essi impegnati in Bosnia, hanno ribadito la loro disponibilità a sostenere gli enti locali e per organizzare l’assistenza necessaria. Ma intanto «nevica e la temperatura è scesa sottozero. Qui centinaia di persone sono bloccate, con un solo pasto al giorno distribuito dalla Croce Rossa locale, e altre centinaia sono sparse nei boschi senza assistenza».
Fra il 29 e il 30 dicembre 900 dei migranti, rifugiati e richiedenti asilo abbandonati sul luogo sono stati fatti salire su 20 autobus per essere trasferiti in una struttura più dignitosa. Ma alla fine il convoglio non è partito, bloccato da uno stallo decisionale e per le proteste degli abitanti della zona.
Ieri mattina a Lipa i migranti hanno rifiutato la colazione dagli operatori della Croce Rossa e hanno protestato, chiedendo di essere trasferiti in un luogo d’accoglienza degno di questo nome.
L’appello di RiVolti ai Balcani, sotto il titolo “Questa disumana partita di scacchi deve finire!“, è aperto alla pubblica adesione: cliccare qui per il testo e la sottoscrizione on line.
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