di Marco Calabrese
Il 12 aprile è stato pubblicato il rapporto Fuori Campo che analizza la situazione di rifugiati e richiedenti asilo che dimorano presso insediamenti informali sul nostro territorio.
Fuori Campo è il nuovo rapporto di MSF sulle condizioni di un particolare gruppo di rifugiati e richiedenti asilo: si tratta infatti «di una prima mappatura degli insediamenti informali abitati in prevalenza da rifugiati mai entrati nel sistema d’accoglienza o che ne sono usciti senza che il loro percorso di inclusione sociale si fosse compiuto».
Con l’accezione “insediamenti informali” il rapporto intende quelle situazioni «caratterizzate da forme più o meno accentuate di autogestione da parte della popolazione presente e da nessun pagamento di canone di locazione». Un documento che quindi evidenzia le condizioni di marginalità e di abbandono vissute dai richiedenti asilo una volta entrati sul territorio nazionale, oltre che i limiti e le carenze di un sistema di accoglienza sempre in emergenza.
Le persone, per lo più richiedenti e titolari di protezione internazionale e umanitaria, oggetto di questo rapporto sono circa diecimila, “residenti” in undici regioni italiane da nord a sud: tra i siti più importanti si possono citare Torino, Roma, Napoli, le province di Foggia e Bari, ma anche Trieste, Udine e Gorizia.
Il quadro delineato dal rapporto Fuori Campo è fitto di baraccopoli, edifici occupati, tendopoli e siti all’aperto, “tollerati” o ignorati dagli Enti locali, presenti sia in città che nelle campagne; le condizioni di vita vengono definite «inaccettabili: in metà dei siti non c’è né acqua né luce, anche laddove sono presenti donne e bambini».
Inoltre, non è garantito l’accesso al Servizio Sanitario Nazionale che è «limitato o manca del tutto: 1/3 dei rifugiati presenti in Italia da più anni non è iscritto, i 2/3 degli aventi diritto non ha accesso regolare al medico di medicina generale e al pediatra di libera scelta». Tra le principali barriere all’accesso al SSN il report sottolinea la mancata assegnazione della residenza anagrafica, dovuta alle occupazioni abusive degli stabili – il che comporta anche ulteriori difficoltà nel rinnovo del titolo di soggiorno – la mobilità geografica dei migranti sul territorio italiano e il costo del ticket sanitario, dal quale i richiedenti asilo sono esenti per solo due mesi.
I dati più inquietanti, però, riguardano i tempi: il periodo di permanenza in questi insediamenti informali è in media di quasi un anno e mezzo e le persone che li abitano si trovano in Italia da 6 anni. «La distribuzione per periodo di arrivo mostra che una parte significativa è giunta in Italia negli ultimi tre anni» continua il rapporto, «è questa una chiara indicazione del rischio concreto che, in assenza di efficaci misure di inclusione sociale, una parte significativa degli attuali centomila migranti attualmente in accoglienza, nelle strutture ordinarie e straordinarie possano presto confluire nella popolazione degli insediamenti informali». Un rischio dovuto soprattutto alle politiche nazionali riguardo all’accoglienza e alla distribuzione tra i vari centri presenti sul territorio, come emerge anche dal fatto che «quasi due terzi della popolazione analizzata in questa ricerca non ha beneficiato di alcun intervento finalizzato all’inserimento sociale».
Le conclusioni del rapporto Fuori Campo vogliono essere uno stimolo per i soggetti preposti ad intraprendere alcune iniziative proposte dall’organizzazione tra cui emergono la garanzia di condizioni di vita dignitose e diritti basilari della persona negli insediamenti informali, agevolazioni per l’iscrizione al Sistema Sanitario Nazionale per richiedenti asilo e rifugiati, oltre che l’ampliamento del sistema di accoglienza governativo. Inoltre, nei prossimi mesi è prevista anche l’attivazione di un Osservatorio permanente, affinché possano essere denunciate «condizioni di vita non dignitose e il mancato o limitato accesso ai servizi sanitari».
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