Solo in queste settimane giuristi e operatori stanno venendo a capo delle novità e dei dettagli del Dlgs n. 142 del 18 agosto 2015 che ha recepito le direttive Ue “accoglienza” e “procedure” per i richiedenti asilo. Un primo bilancio.
Una batteria di 30 articoli suddivisi in due parti: solo in queste settimane giuristi e operatori stanno venendo a capo delle novità e dei dettagli del complesso Dlgs n. 142 del 18 agosto 2015 di recepimento delle direttive Ue “accoglienza” e “procedure” per chi chiede protezione internazionale.
Il Dlgs è entrato in vigore qualche giorno fa, il 30 settembre, anche se prevede l’emanazione di varie norme attuative. Quelle che seguono sono le principali novità del decreto, che viene analizzato in una dettagliata scheda dell’ASGI cui facciamo riferimento.
Parte 1: l’accoglienza
Le misure di accoglienza iniziano quando si manifesta la volontà di chiedere protezione (non più dal momento in cui la domanda è verbalizzata). Il richiedente asilo ha diritto a un permesso di soggiorno di 6 mesi e può lavorare già dopo 2 mesi dalla presentazione della domanda.
Quanto all’obbligo di indicare un domicilio, esso è assolto con una dichiarazione nella domanda di protezione: non sono necessari altri documenti (in ogni caso l’Asgi precisa che, per la piena attuazione della direttiva 2013/33/UE, «l’impossibilità per il richiedente asilo di indicare al momento della presentazione della domanda un luogo preciso non preclude l’accesso alla presentazione della domanda e alle misure di assistenza»). L’art. 6 introduce delle ipotesi di trattenimento del richiedente protezione fino a 12 mesi.
Il sistema d’accoglienza si articola in una fase preliminare di soccorso, seguita da quella di prima accoglienza e da quella di seconda accoglienza. La prima accoglienza avviene nei “centri governativi di prima accoglienza” (per l’identificazione, la verbalizzazione della domanda e l’accertamento delle condizioni di salute; qui la gestione è affidata a enti locali, unioni/consorzi di Comuni, enti pubblici o privati che operano nel settore dell’assistenza dei richiedenti asilo o nell’assistenza sociale), ma anche negli attuali CARA. La seconda accoglienza invece si svolge nei centri del sistema SPRAR per tutta la durata del procedimento d’esame della domanda d’asilo.
Se mancano posti nella prima accoglienza o nello SPRAR, i prefetti possono adottare “misure straordinarie di accoglienza” provvisorie.
Il Dlgs contempla, come strumenti di coordinamento nazionale e regionale, un Tavolo nazionale più un Tavolo regionale in ognuna delle regioni presso le Prefetture del capoluogo, con compiti precisi.
Fra le persone con esigenze particolari (“vulnerabili”), che hanno diritto a servizi di accoglienza speciali, vi sono i minori non accompagnati (MSNA), le vittime di tratta, le vittime di tortura o di gravi violenze anche legate all’orientamento sessuale o all’identità di genere e le vittime di mutilazioni genitali. I MSNA sono accolti nelle strutture governative di prima accoglienza per non più di 60 giorni. La seconda accoglienza è nei centri SPRAR e, solo in caso di posti esauriti, nei centri dei Comuni. Si prevedono attività di monitoraggio e controllo della gestione delle strutture di accoglienza.
Parte 2: le procedure per il riconoscimento della protezione
Il Dlgs interviene tra l’altro con modifiche alla nomina, alla composizione e alla competenza delle Commissioni territoriali e con modifiche alle funzioni della Commissione nazionale per il diritto di asilo.
Il verbale di presentazione della domanda d’asilo (il “modello C3”) deve essere redatto entro 3 giorni lavorativi dopo aver manifestato la volontà di chiedere protezione (ma si prevedono termini più lunghi in alcuni casi). La Commissioni territoriali possono consultare esperti su aspetti sanitari, culturali, religiosi, di genere o minorili. Ma soprattutto sono chiamate a decidere sulle domande di protezione entro 6 mesi (peraltro prorogabili, “all’italiana”, di altri 9 in caso di difficoltà e di ulteriori 3 in casi eccezionali…).
Un primo bilancio
Secondo l’ASGI, il Dlgs 142 «riforma in profondità il sistema di accoglienza dei richiedenti asilo e le procedure di esame delle domande di protezione, aspetti di enorme importanza pratica e politica in questo periodo di forti afflussi di richiedenti e di difficoltà del sistema di accoglienza». Ma le ipotesi di trattenimento, spiega diffusamente l’associazione di studi giuridici nella sua analisi, presentano il fianco a vari profili di illegittimità costituzionale.
Si potrebbe aggiungere che il Dlgs lascia di fatto indeterminati i termini di passaggio fra la prima accoglienza e la seconda nei centri SPRAR (ben più proficua, quest’ultima, per l’integrazione dei richiedenti asilo); che con questa normativa il sistema-Italia si fa carico, formalmente, dell’accoglienza dei richiedenti asilo solo fino alla decisione sulla loro domanda: il supporto ai progetti di autonomia e integrazione dei rifugiati dopo la decisione rimane una prassi di SPRAR ed enti locali, non un mandato di legge; e che alla fine di settembre il decreto è entrato in scena già “vecchio”, e muto, di fronte ad almeno un aspetto cruciale: l’ambiguo status degli hotspot per l’identificazione dei migranti che sono stati chiesti all’Italia nell’ambito dell’Agenda europea sulla migrazione.
Leggi anche su Vie di fuga
Decreto direttive europee asilo: il cantiere delle norme attuative (ottobre 2015)
Collegamenti
Il commento sommario dell’UNHCR: “Miglioramenti… e arretramenti” (settembre 2015)
Il commento sommario del CIR: “Miglioramenti, ma non una vera riforma” (settembre 2015)
Ancora nessun commento, aggiungi il tuo qui sotto!