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Diritto d’asilo e ingorgo di ricorsi in Cassazione: ripartire da un “appello fatto bene”

Fra le cause del grave arretrato che appesantisce il lavoro della Corte di Cassazione c’è ancora l’eliminazione del grado di appello in materia di protezione internazionale decisa nel 2017, che ha portato all'”ultima spiaggia” della Suprema Corte sempre più procedimenti: da 300 al record di 10.400 nel 2019, ai numeri comunque molto elevati del 2020 e del 2021.

 

Alla voce diritto civile l’incidenza dei ricorsi pendenti Cassazione in materia di protezione internazionale oggi è pari al 7% circa del totale: si tratta di 7.375 cause su 111.241. Lo attesta la Relazione sull’amministrazione della giustizia nell’anno 2021 del primo presidente della Suprema corte Pietro Curzio, presentata oggi.

(Foto Corte di Cassazione).

La Relazione segnala che l’arretrato generale di 111 mila procedimenti alla fine del ’21, per quanto in calo, «costituisce il problema più grave della Corte, rendendo inaccettabili i tempi di trattazione dei ricorsi civili». E ricorda come fra le cause principali di questa situazione vi sia «l’eliminazione del grado di appello (nel 2017, ndr) nelle controversie in tema di protezione internazionale, che ha comportato per la Corte il passaggio dai circa 300 processi ad anno in questa materia, ai 6.026 pervenuti nel 2018 e ai 10.366 pervenuti nel 2019, per poi attestarsi su numeri comunque molto elevati».

I ricorsi in Cassazione per materie, fra cui la protezione internazionale (anni 2012-2021, fonte Corte di Cassazione 2022).

Nel ’19 i quasi 10.400 nuovi fascicoli in materia d’asilo hanno rappresentato la voce principale fra tutti i casi in materia civile sopraggiunti nell’anno: il 27%, più di uno su quattro, addirittura più numerosi di quelli alla voce “tributi”. Ma anche nel ’20 e nel ’21 sono stati migliaia e migliaia: rispettivamente 6.931 e 3.679, con un trend in flessione che però non può certo dirsi consolidato «in ragione della variabilità dei flussi di ingresso». 

Secondo la Relazione firmata dal primo presidente Curzio, in attesa di riforme di più ampio respiro la via da seguire sarebbe quella di «razionalizzare nei limiti del possibile il sistema, rafforzando il più importante dei filtri, che è costituito da un giudizio di appello fatto bene. Non è un caso che i due settori più problematici siano, come si è visto, quelli in cui l’appello è stato addirittura eliminato (protezione internazionale) o presenta forti criticità (tributario)».

Nel 2021 la sola materia del diritto d’asilo ha impegnato la Cassazione con 9.348 decisioni (per la cronaca, di inammissibilità in oltre la metà dei casi).

 

SCHEDA/ Vite nel limbo fra attese, decisioni e ricorsi

Il Report 2021 della Fondazione Migrantes sul diritto d’asilo contiene una scheda di sintesi che, sulla base di un’analisi proposta dallo spazio on line “Senza confini”, fa il punto sulle “performance” dell’intero sistema di valutazione dei richiedenti asilo, dalle Commissioni territoriali alla Cassazione, negli ultimi anni. Ne riprendiamo alcuni dati e considerazioni.

  • Il rischio di precarizzazione dei richiedenti asilo è aumentato negli anni a tutti i livelli di decisione-ricorso a causa (probabilmente) del DL 13/2017 e (sicuramente) del “decreto sicurezza” 113/2018: crollo di esiti positivi nelle Commissioni territoriali dal 41% ante 2017 al 25% nel triennio successivo; forte diminuzione di esiti positivi in Tribunale dal 41% ante ’17 al 31% negli anni successivi; diminuzione degli esiti positivi in Cassazione, dal 24% per i procedimenti giunti dalle Corti d’appello al 21% per quelli giunti dai Tribunali (per questi ultimi, in aggiunta, in Cassazione gli esiti positivi sono crollati dal 43% del 2018 al 12% del 2020).
  • Negli anni, sempre per effetto più o meno diretto delle “riforme” 2017-2018, sono aumentati sia i procedimenti in materia di protezione internazionale che cercano soluzione giudiziaria, sia i tempi per la loro definizione. «Il limbo nel quale versano i richiedenti in attesa della definizione dello status giuridico crea difficoltà e incertezze sul proprio percorso di integrazione lavorativa e sociale».

(dalla scheda “Vite nel limbo fra decisioni e ricorsi”, pp. 292-294)

 

 

 

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