Sono ormai migliaia i migranti ammassati in condizioni indicibili alle frontiere che separano l’UE dalla Bielorussia: usati come “arma impropria” dal regime di Aleksandr Lukashenko, ma anche bloccati e respinti dall’Unione in spregio agli obblighi internazionali sull’asilo. In Polonia, singoli cittadini e società civile si sono ribellati con la “resistenza” delle “lanterne verdi”. ***Ultima ora: la promessa (da mantenere) dell’Alto rappresentante UE per gli affari esteri e la sicurezza Josep Borrell: «Continueranno a guidare le nostre azioni i valori fondamentali, in particolare per quanto riguarda la protezione dei diritti umani dei migranti»***
6.200 migranti “irregolari” sorpresi ad attraversare da gennaio a settembre lungo la frontiera orientale di terra dell’UE. Ma poi, a ottobre, sulla stessa frontiera sempre più sigillata e militarizzata si sono aggiunti meno di 400 attraversamenti. Mentre in questi giorni i migranti bloccati solo al confine fra Bielorussia e Polonia in condizioni indicibili sono ormai circa 2.000. E mentre l’osservatorio Missing Migrants dell’OIM conta già 18 vittime , a partire da agosto, lungo il confine tra Bielorussia e Unione Europea.
Può essere “raccontata” con queste poche cifre di fonte Frontex e BBC l’ultima emergenza (leggi vergogna) che l’Europa “unita” ha visto incancrenirsi a partire da luglio nelle sue regioni orientali.
A spingere migranti e rifugiati verso ovest, tra foreste e acquitrini, è l’ultimo regime dittatoriale d’Europa, a quanto pare come ritorsione alle sanzioni imposte dall’UE. L’Unione e i suoi governi accusano il presidente bielorusso Lukashenko di usare i migranti come un’arma da «guerra ibrida».
Ma intanto l’OIM e l’UNHCR, che si dicono «pronte ad assicurare assistenza umanitaria ai migranti e ai rifugiati presenti su entrambi i lati del confine», sono state costrette a ripetere ancora una volta in un’ennesima (e finora inutile) nota congiunta: «Entrambe le parti (ovviamente la Bielorussia da un lato e l’UE con i Paesi membri dall’altro, ndr) hanno il dovere di onorare i propri obblighi di diritto internazionale e di garantire l’incolumità, la dignità e la tutela dei diritti delle persone bloccate al confine».
Dall’inizio del 2021 i migranti usati come “arma impropria” da Minsk lungo la frontiera orientale dell’UE e bloccati e respinti in violazione della normativa internazionale sono in larga parte irakeni: dei quasi 6.600 attraversamenti di migranti “irregolari” registrati fino a tutto ottobre, ben 3.900 riguardano persone fuggite dal Paese fra due fiumi. Le altre due cittadinanze principali sono quella afghana e quella siriana, ma con presenze nettamente inferiori, rispettivamente di 600 e 300 persone.
***Ultima ora: la promessa (da mantenere) dell’Alto rappresentante UE per gli affari esteri e la sicurezza Josep Borrell: «Continueranno a guidare le nostre azioni i valori fondamentali, in particolare per quanto riguarda la protezione dei diritti umani dei migranti»***
Polonia, la resistenza delle lanterne verdi nel reportage di Altreconomia«La situazione è allucinante. Diritti civili e diritti umani sono quotidianamente calpestati e nessuna istituzione interviene, tanto meno l’Unione Europea. L’unico sostegno ai migranti arriva da ONG e società civile. Sono i polacchi che si oppongono alle scelte del governo a creare una “Resistenza” a queste politiche crudeli. “Ci potranno intercettare, fermare per 48 ore, ma noi non staremo a guardare senza fare niente”, dice Anita, una donna che ha aperto casa sua a un gruppo di migranti. Gli ha permesso di andare in bagno e di scaldarsi un po’. “Come me ci sono tante persone, ma è una rete clandestina, soprattutto in certi luoghi del confine”, spiega ancora Anita. Lo stesso racconta Kasia. “Abbiamo deciso che serviva un segnale, qualcosa che facesse capire immediatamente ai migranti in difficoltà che quella è una casa sicura. E allora abbiamo iniziato a mettere delle lanterne verdi alle finestre”. Il simbolo dell’accoglienza polacca è questo. E la voce è passata di bocca in bocca, così che anche i migranti nella foresta sanno che il verde è il colore della speranza, la speranza di non morire assiderati». (Da un reportage dal confine polacco-bielorusso pubblicato dal mensile Altreconomia in queste settimane). |
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