Si sono conclusi il 19 febbraio i laboratori “Faccia a faccia”, iniziati nel dicembre 2015, del Liceo Fermi di Bologna, che hanno visto coinvolti studenti e richiedenti asilo minori non accompagnati, inseriti nel sistema SPRAR del capoluogo felsineo.
I laboratori sono stati ideati dai ragazzi del liceo e dagli operatori della Cooperativa Camelot, ente attuatore Sprar, contattata dai rappresentanti degli studenti dopo un primo colloquio con l’assessore ai Servizi Sociali di Bologna, Amelia Frascaroli. «Dopo lo sgombero della ex Telecom,» ci racconta Francesco Ferretti, rappresentante di istituto del liceo «ci siamo sentiti in dovere di fare qualcosa, e siamo andati a parlare con l’assessore: tra le iniziative proposte, il laboratorio era quella più facilmente realizzabile».
«Così abbiamo organizzato una riunione presso la nostra sede, per capire cosa di poteva fare», dice Chiara Guidoreni, responsabile dell’area accoglienza msna/adulti della cooperativa. «Al primo incontro si sono presentati circa quindici ragazzi, i rappresentanti di istituto più altri ragazzi già interessati a partecipare a questi incontri, e abbiamo chiesto loro di pensare ad attività paritarie per coinvolgere appieno i ragazzi degli SPRAR», continua «successivamente ci siamo incontrati al liceo per vedere gli spazi disponibili, e abbiamo avuto l’occasione di far conoscere meglio alcuni richiedenti asilo e le loro storie agli studenti interessati. Infine, siamo stati invitati a due assemblee di istituto, indette appositamente per la presentazione dei laboratori. Tutti gli studenti presenti avevano scelto volontariamente di aderire e di sposare la causa del progetto. Anche in queste circostanze abbiamo avuto modo di far conoscere meglio agli studenti la realtà e le storie di altri richiedenti, oltre che spiegare le attività e il ruolo della cooperativa». A questo punto i laboratori erano pronti a partire.
«Abbiamo programmato un ciclo di otto incontri e tre diverse attività» ci spiega Antonella Ciccarelli, case manager SPRAR msna per la Cooperativa Camelot, «i partecipanti, infatti, hanno potuto scegliere tra un laboratorio di informatica interattivo, volto a trasmettere i rudimenti di base, come l’uso dei programmi di video scrittura e la navigazione web, uno sportivo più generico, prevalentemente pallavolo e calcio, e da ultimo un laboratorio musicale incentrato sulla costruzione di strumenti musicali con oggetti di scarto e lo scambio di conoscenze musicali». In particolare, il primo dei tre laboratori prevedeva la realizzazione di alcuni album emozionali, ovvero la rappresentazione visuale, musicale e sonora di alcune parole chiave, come “rabbia”, “amore”, “guerra” ideati dalle coppie di studenti e ragazzi degli SPRAR: «con questo laboratorio, oltre a fornire le competenze di base per l’utilizzo delle apparecchiature informatiche, volevamo superare quella sorta di autocensura che mettono in atto i richiedenti asilo nei confronti dei giovani italiani» racconta Antonella Ciccarelli «e penso che possiamo dire di aver raggiunto l’obiettivo. Abbiamo visto affrontare con ironia argomenti traumatici come la traversata per mare, oltre che la creazione di forti legami tra i ragazzi».
Legami che sono stati molto prolifici anche dal punto di vista creativo, come ci racconta Marina Misaghi Nejad, educatrice della Cooperativa Camelot e referente del laboratorio di informatica. «Durante questo laboratorio, abbiamo voluto anche dedicare due incontri alla percezione dell’altro attraverso il disegno. Nel primo incontro abbiamo chiesto a tutti i ragazzi di autoritrarsi, mentre nel secondo ragazzi degli SPRAR e studenti si sono ritratti l’un l’altro. L’intento principale non era la precisione, ma promuovere la genuinità e la spontaneità tra le due persone. Una cosa molto interessante è che sono emersi particolari iconografici, ed è stato un molto utile confrontarsi sul vissuto dell’altro attraverso un mezzo semplice come il disegno. I ragazzi, soprattutto i richiedenti asilo che non avevano molta familiarità con il disegno, hanno vissuto quest’esperienza in modo positivo, stimolante e divertente; alcuni di loro si sono rivelati essere anche molto bravi».
« Il fatto di poter far relazionare richiedenti asilo minori non accompagnati con i coetanei con storie diverse alle spalle è stato il valore aggiunto di questo laboratorio», continua Chiara Guidoreni « tutto si è svolto in modo informale e si sono create ottime relazioni interpersonali». Un ottimo modello di integrazione, insomma. «Molti studenti sentono costantemente alcuni ragazzi degli SPRAR, anche via mail», aggiunge Antonella Ciccarelli «una duplice soddisfazione, in quanto hanno imparato ad usarla proprio durante il laboratorio. Inoltre, ed è una cosa che non capita molto spesso, nessuno dei richiedenti asilo ha abbandonato, erano felici e costanti». Come ci conferma anche Francesco Ferretti: «Il clima durante gli incontri era veramente molto positivo, come dimostrano anche i continui contatti tra studenti e richiedenti asilo. Ci eravamo tutti affezionati al laboratorio, tant’è che il venerdì successivo all’ultimo incontro un ragazzo dello SPRAR si è presentato convinto che il laboratorio non fosse ancora finito».
Non ci sono ancora progetti simili in programma per il futuro, ma entrambe le parti vorrebbero continuare, dati gli ottimi risultati ottenuti, soprattutto per quel che riguarda i legami e le amicizie che si sono create e che, nonostante storie, culture e vite tanto diverse, resistono spontaneamente favorendo l’integrazione e la conoscenza reciproca tra studenti e richiedenti asilo, due mondi spesso troppo distanti.
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