Secondo un nuovo report dell’iniziativa di monitoraggio PRAB, colpisce in particolare l’escalation di respingimenti sommari (pushback) sulla frontiera croato-bosniaca: “solo” 213 respinti a gennaio, 334 a febbraio, 514 a marzo, 697 ad aprile, 859 a maggio e addirittura 1.290 a giugno. Dalla frontiera franco-italiana a quella greco-turca «si riconfermano le violazioni dei diritti, mentre restano chiuse le porte alla giustizia e alla via della responsabilità».
Più di 3.400 persone respinte sommariamente alla frontiera, fra cui una su 10 under 18: in soli due mesi e mezzo, fra la metà di aprile e la fine di giugno, le ha contate la rete Protecting Rights at the Borders (PRAB) sui vari confini balcanici ma anche su quello che separa la Francia dall’Italia.
«Rispetto al primo trimestre dell’anno – si legge in un nuovo report della PRAB, che ne ha già pubblicato uno a maggio – sono state registrate incidenze di respingimento (pushback) più elevate ai confini tra la Croazia e la Bosnia-Erzegovina e tra l’Ungheria e la Serbia».
Ben 2.512 i respinti solo dalla Croazia alla Bosnia nel periodo. Questo dato comprende anche i respingimenti a catena. Infatti, «testimonianze di respingimenti a catena sono state registrate dalla Slovenia alla Bosnia attraverso la Croazia, nonché dalla Bulgaria fino alla Turchia attraverso la Macedonia del Nord e la Grecia». Sono 99 i migranti che hanno subito un pushback a catena Slovenia-Bosnia.
Fra gennaio e giugno 2021, invece, le persone che hanno denunciato agli organismi della rete PRAB un pushback sono quasi 5.600. Su scala semestrale colpisce in particolare l’escalation alla frontiera croato-bosniaca: appena 213 respinti a gennaio, 334 a febbraio, 514 a marzo, 697 ad aprile, 859 a maggio e addirittura 1.290 nel solo mese di giugno.
«I numeri sono impressionanti – commenta ancora la rete PRAB -. Tuttavia, dietro le statistiche ci sono persone che hanno sofferto pericoli, paura, viaggi pericolosi e molteplici violazioni dei loro diritti, dai trattamenti umilianti all’essere private dei propri effetti personali, agli abusi fisici e psicologici. Molto spesso hanno vissuto non uno, ma più episodi di questo tipo, su uno stesso confine o su confini diversi. La mancanza di vie legali praticabili, associata a palesi violazioni del diritto internazionale, spinge le persone a mettere ulteriormente a rischio la propria sicurezza e il proprio benessere, tra le mani di contrabbandieri e trafficanti di esseri umani».
Fra la metà di aprile e la fine di giugno, nei pushback Croazia-Bosnia quattro respinti su 10 denunciano violenze e abusi fisici. Nei pushback Ungheria-Serbia e Croazia-Serbia quasi tutti i respinti denunciano di non aver avuto la possibilità di chiedere asilo. Mentre violenze, l’impedimento di chiedere asilo e il furto/distruzione di effetti personali sono denunciati da tutti i respinti dalla Grecia in Turchia.
«Si riconfermano le violazioni dei diritti, mentre restano chiuse le porte alla giustizia e alla via della responsabilità».
Il progetto PRAB coinvolge varie associazioni e ONG in quella che, ad oggi, è la più autorevole iniziativa di monitoraggio sulle violazioni dei diritti alle frontiere interne ed esterne dell’UE dalla Francia ai Balcani. Questi i partner: il Danish Refugee Council nelle sue sezioni d’Italia, Bosnia-Erzegovina e Grecia con la rappresentanza centrale di Bruxelles, l’ASGI, la Diaconia Valdese, l’Hungarian Helsinki Committee, l’Humanitarian Center for Integration and Tolerance (in Serbia), la Macedonian Young Lawyers Association e il Greek Council for Refugees.
Allegato
Il report Doors Wide Shut (PRAB, 27 luglio 2021, in inglese, file .pdf 2 mbyte)
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