In Grecia si stanno sostituendo i campi che dal 2016 ad oggi hanno ospitato migliaia di persone in fuga dalla Turchia. Sottostimate sin dalla loro progettazione queste strutture sono spesso state denunciate per le loro indegne condizioni di vita. Ma quel che si profila con i nuovi centri non sembra essere garanzia di miglioramento.
L’Europa li definisce “centri di prima accoglienza polifunzionali”, ma il ministero greco dell’immigrazione parla invece di “strutture controllate e chiuse”. Questi campi, cosiddetti transitori, potranno ospitare in tutto 15mila richiedenti asilo o persone a cui la richiesta di asilo è stata respinta. La Commissione europea auspica che entrino a regime per la fine del 2021, anche se già da alcuni mesi l’opinione pubblica greca si è mobilitata per tentare di fermare quella che sembra a molti “la ricetta per una catastrofe”.
A quanto riportano Ong che lavorano in loco e che hanno già espresso allarmanti dubbi, le strutture saranno circondate da alte mura e filo spinato. I centri saranno lontani decine di chilometri dalle città e vi sarà un’unica via d’accesso riservata ai controlli delle forze dell’ordine. L’UE ha investito 276 milioni di euro per queste strutture che hanno tutto l’aspetto di carceri dove le persone respinte saranno tenute in sezioni chiuse in attesa del loro allontanamento.
Il governo greco sostiene che questi nuovi campi sono giustificati dalla “minaccia permanente” di arrivi in massa di migranti dalla Turchia, un vicino “nemico”. Il governo si sta dimostrando sempre più duro nei confronti dei rifugiati e a sostegno del pugno di ferro pone la vicinanza della Turchia come elemento di costante minaccia a cui deve fare fronte. Ovviamente sulla pelle di chi cerca una nuova speranza.
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