Nel paese ellenico una certa retorica politica ha dato fiato a gravi atti di violenza contro innumerevoli associazioni a partire dal marzo 2020. C’è il sospetto che questo vento di propaganda abbia fornito sostegno ideologico anche a una Decisione ministeriale del 27 marzo, che ha imposto la registrazione di ogni associazione impegnata nel campo dell’immigrazione, del suo staff e dei suoi volontari presso registri tenuti dal Ministro dell’Immigrazione e dell’Asilo.
di Pietro Derossi, maggio 2020, da Lesbo
Oltre a rendersi autore di violazioni grossolane di vincolanti disposizioni del diritto internazionale ed europeo in materia di protezione internazionale (v. nelle news precedenti), il Governo greco si è efficacemente adoperato nel rendere il diritto interno più ostile nei confronti delle ONG che prestano assistenza materiale o legale ai migranti.
La società civile in Grecia da anni lotta per il rispetto del principio di legalità e la protezione dei diritti umani a tutela dei migranti che raggiungono l’Europa chiedendo asilo.
Una certa retorica politica – che ritiene che a incentivare i flussi migratori siano le ONG piuttosto che le guerre e la fame – ha dato fiato a gravi azioni di violenza contro uffici e personale di innumerevoli associazioni presenti in Grecia a partire da marzo 2020.
Vi è il sospetto che questo stesso discorso politico abbia fornito sostegno ideologico alla Decisione ministeriale n. 3063 del 27 marzo 2020, con cui il Governo greco ha esercitato competenze legislative attribuitegli da recenti disposizioni di legge in materia di diritto di asilo.
Questo atto normativo, da una parte, ha imposto la registrazione di ogni associazione impegnata nel campo dell’immigrazione, del suo staff e dei suoi volontari presso registri tenuti dal Ministro dell’Immigrazione e dell’Asilo. In assenza di tale registrazione, nessuna ONG potrà più compiere alcuna attività di supporto materiale, medico, psicologico o legale in favore dei richiedenti asilo e dei rifugiati.
D’altra parte, si prevede la possibilità per il Ministero di rifiutare la richiesta di registrazione o revocare la registrazione accordata non solo ove l’associazione non soddisfi i requisiti di legge previsti; ma anche in virtù di valutazioni riguardanti le “attività” dell’associazione, la “personalità” e le “attività” dei suoi membri o le “scarse performance” dell’ente. è inoltre previsto che il ministero possa trarre le proprie conclusioni circa la qualità dei servizi forniti da qualsiasi documento di una pubblica autorità.
Alquanto intuitiva è la portata del combinato disposto dell’obbligo di registrazione e della facoltà del ministero di negare la possibilità di tale adempimento sulla base di valutazioni disancorate da qualsivoglia parametro oggettivo descritto dalla legge; e, in quanto tali, discrezionali. Si prepara un terreno fertile a palesi violazioni del diritto di associazione come enucleato dall’art. 11 della Convenzione europea dei diritti Umani e dall’art. 12 della Carta dei diritti fondamentali dell’Unione Europea.
Inoltre, la Decisione ministeriale conferisce alle autorità politiche che implementano e plasmano la politica migratoria in Grecia il potere di valutare, monitorare ed eventualmente stigmatizzare il lavoro di quelle stesse associazioni che, tante volte, perorano azioni legali contro queste stesse autorità contestando violazioni del diritto d’asilo e dei diritti umani.
Ne consegue l’impossibilità di una valutazione imparziale delle attività della società civile da parte di questi soggetti pubblici, che pure da oggi potranno esprimere pareri fatali per l’esistenza di qualunque associazione impegnata sul fronte dell’accoglienza, dell’integrazione e dei diritti dei migranti.
In ultima istanza, è evidente il carattere discriminatorio del recente intervento normativo, che colpisce in modo mirato il settore associativo nel campo dell’immigrazione, nell’assenza di oggettive giustificazioni a un trattamento differenziato.
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