Sono già migliaia le famiglie di rifugiati e migranti, anche con bambini piccoli, accampate al confine fra Grecia e Turchia, strette a tenaglia fra il cinismo europeo (che paga da anni la Turchia perché trattenga 3,6 milioni di rifugiati) e l’avventurismo bellico in Siria di Recep Tayyip Erdogan, presidente di un Paese NATO.
Ci sono fotografie che raccontano un’epoca. Quella qui sopra è stata scattata da un fotografo turco sabato sera, 29 febbraio del ventesimo anno del XXI secolo. Ha colto una famiglia siriana che si prepara a rannicchiarsi attorno a un fuoco al riparo dal vento, mentre i bambini raccolgono lì attorno qualche ramo. Durante la giornata hanno cercato invano di attraversare il confine turco di Edirne con la Grecia.
L’Unione Europea tace da tre giorni, giorni di weekend. Solo Frontex, da Varsavia, fa sapere di «aver alzato il livello di allerta al grado di “alto” lungo tutto il confine con la Turchia». Ma intanto sono migliaia le famiglie, anche con bambini piccoli, che si sono accampate al confine turco dopo che il presidente Erdogan ha deciso di non bloccare più i migranti diretti verso la Grecia, in ritorsione – proclama – contro le «promesse non rispettate» dell’UE in seguito all’“accordo” UE-Turchia del 2016.
Il governo greco afferma di aver già respinto a forza, fra i disordini, 10 mila migranti e ha appena sospeso per un mese la registrazione di ogni richiesta d’asilo. Mentre l’OIM ha già contato 13 mila persone al di qua della frontiera turca: è la nuova avanguardia delle pedine della (nostra) Storia, strette a tenaglia fra il cinismo europeo, che paga da anni la Turchia perché trattenga 3,6 milioni di rifugiati, e l’avventurismo bellico in Siria di Recep Tayyip Erdogan, presidente di un Paese NATO.
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