I risultati di un progetto di “ricerca e azione” dell’Asgi sulla tutela delle vittime della tratta e dello sfruttamento in Italia, da Napoli a Trieste. Queste persone anno diritto, prima di tutto, a un permesso di soggiorno per motivi umanitari. Ma la normativa in vigore viene ancora interpretata «in modo non corretto», tanto che bisogna ancora «pretenderne un’interpretazione coerente con le Convenzioni internazionali e le direttive europee».
Sono stati reclutati nel loro Paese con promesse mai mantenute. A caro prezzo sono arrivati in Italia, dove sono stati prelevati dal “datore” (leggi padrone) e dal suo entourage per essere messi al lavoro in fabbrichette del confezionamento tessile nella zona di “Napoli Nord”, Sant’Antimo, Grumo Nevano e Casandrino, in condizioni di grave sfruttamento. Turni massacranti, paga irrisoria di tre euro l’ora, squallide condizioni abitative, sequestro dei passaporti, ricatti e violenze…
Ma alla fine questo gruppo di 10 bengalesi ha trovato il coraggio di fare denuncia. Assistiti dagli avvocati dell’Asgi Campania e dall’associazione “3 Febbraio”, i suoi membri hanno ottenuto il permesso di soggiorno per motivi umanitari a norma dell’art. 18 (il “programma sociale” per sottrarsi a “violenza e grave sfruttamento”) o dell’art. 22 (comma 12quater, “particolare sfruttamento” lavorativo) del Testo unico sull’immigrazione.
È uno dei casi emersi nell’attività del progetto “Look out” (Observatory for the protection of victims of trafficking), realizzato dall’Asgi con il supporto di Open Society Foundation.
Conoscere, agire
Due gli obiettivi del progetto, come spiega in un report appena pubblicato l’avvocato Francesca Nicodemi, di Firenze, coordinatrice del gruppo Tratta e grave sfruttamento dell’Asgi: da un lato, «creare un Osservatorio operativo che consentisse di avere un quadro reale e aggiornato sull’effettiva tutela che le vittime della tratta e del grave sfruttamento ricevono in Italia, verificando se il nostro Paese ottempera o meno agli obblighi imposti sotto questo profilo dalla normativa internazionale ed europea»; e dall’altro, «agevolare il riconoscimento dei diritti delle stesse vittime».
All’ambasciata e nel ghetto
Gli operatori-giuristi del progetto, lavorando per la tutela e l’assistenza alle vittime di sfruttamento, sono intervenuti presso l’ambasciata della Nigeria a Roma per le intricate pratiche burocratiche delle donne che entrano nei programmi di assistenza e integrazione sociale.
Tramite i soci Asgi della Puglia hanno monitorato il “ghetto” di Rignano, «dove la popolazione straniera, spesso vincolata a situazioni di grave sfruttamento lavorativo, raggiunge d’estate cifre superiori alle 1800 persone».
Hanno avviato l’assistenza legale dei migranti inseriti in un progetto di assistenza e integrazione sociale per vittime di tratta del Comune di Trieste (nel capoluogo giuliano è stata anche presentata una denuncia rivolta al Questore e, per conoscenza, al Dipartimento Pari opportunità a firma della Piattaforma anti-tratta per l’applicazione illegittima della normativa in materia).
E infine hanno promosso varie cause “pilota”, “strategiche”, vista «la persistente applicazione delle norme vigenti in modo non corretto e la necessità di pretenderne un’interpretazione coerente con le Convenzioni internazionali e le direttive europee».
Oltre al lavoro sul territorio accanto alle vittime di sfruttamento, il progetto “Look out” ha svolto un’azione di monitoraggio nazionale fra il gennaio 2014 e il marzo 2015, un’azione di advocacy e una di sensibilizzazione dei media.
Allegato
La tutela delle vittime della tratta e del grave sfruttamento: il punto della situazione oggi in Italia (Asgi 2015, file .pdf 1 mbyte)
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