Nato nel 1948, è cresciuto sull’isola di Zanzibar, di fronte alla costa della Tanzania. Ma è stato costretto a lasciarla alla fine degli anni ’60 per raggiungere l’Inghilterra. L’Accademia di Stoccolma, che ancora una volta ha spiazzato ogni pronostico, ha motivato così l’assegnazione a Gurnah: «Per la sua intransigente e appassionata capacità di cogliere gli effetti del colonialismo e il destino dei rifugiati nel divario tra culture e continenti».
“Molti di quelli che arrivano (i migranti, ndr), sono partiti sia per necessità, sia anche perché, detto francamente, hanno qualcosa da offrire. Non arrivano a mani vuote” (A. Gurnah, in un colloquio all’Accademia di Stoccolma).
Un giorno di novembre all’aeroporto di Gatwick, Inghilterra, atterra Saleh Omar. Ha con sé solo una borsa, dentro la quale c’è una scatola con dell’incenso, e poco altro. Aveva un negozio, una casa, una moglie, una figlia. Ma ora è solo un profugo, deve chiedere asilo e la sua unica difesa è il silenzio. Lo stesso giorno a Londra Latif Mahmud, docente universitario e poeta anche lui in esilio, medita sulla sua famiglia e sul suo Paese, che non rivede da tempo. La terra che i due uomini hanno dovuto lasciare è lo stessa, Zanzibar, l’isola dell’Oceano Indiano spazzata dai venti.
Sono le storie che si intrecciano in Sulla riva del mare, uno dei romanzi tradotti in italiano di Abdulrazak Gurnah, a cui ieri è stato conferito il premio Nobel per la letteratura 2021.
Abdulrazak Gurnah è nato nel 1948 ed è cresciuto sull’isola di Zanzibar, di fronte alla costa della Tanzania, nell’Oceano Indiano. Ma ne è fuggito alla fine degli anni ’60 per raggiungere l’Inghilterra. Dopo la liberazione pacifica dal dominio britannico nel dicembre 1963, Zanzibar ha attraversato una rivoluzione che, sotto il regime del presidente Abeid Karume, ha condotto all’oppressione e alla persecuzione dei cittadini di origine araba.
Gurnah apparteneva a questa parte perseguitata delle popolazione e, alla fine delle scuole superiori, fu costretto a lasciare la famiglia e il Paese, l’allora neonata Repubblica di Tanzania. Aveva 18 anni.
Poté tornare a Zanzibar solo nel 1984, per rivedere il padre poco prima che morisse. Da poco in pensione, ha insegnato letteratura inglese e postcoloniale all’Università del Kent a Canterbury: al centro dei suoi studi, scrittori come Wole Soyinka e Salman Rushdie.
L’Accademia di Stoccolma, che ancora una volta ha spiazzato ogni pronostico, ha motivato così l’assegnazione del Nobel ad Abdulrazak Gurnah, autore in lingua inglese: «Per la sua intransigente e appassionata capacità di cogliere gli effetti del colonialismo e il destino dei rifugiati nel divario tra culture e continenti».
I suoi romanzi tradotti in italiano, tutti da Garzanti ma non recenti, sono Paradiso, Il disertore e Sulla riva del mare. L’ultimo ad essere pubblicato in Inghilterra è invece Afterlives, del 2020, che inizia la sua storia dal punto in cui termina quella di Paradiso.
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