In Yemen, un paese distrutto e dilaniato da una guerra infinita, è arrivato un premio internazionale. Si tratta del Premio Nansen per i Rifugiati 2021 elargito dall’UNHCR, l’Agenzia delle Nazioni Unite per i Rifugiati e a riceverlo è la Jeel Albena Association for Humanitarian Development, un’organizzazione umanitaria yemenita che si occupa di rifugiati. Il Premio, che viene assegnato dall’UNHCR a individui, gruppi o organizzazioni che si adoperano per offrire protezione a rifugiati, persone in fuga e apolidi, quest’anno è stato assegnato all’Associazione Jeel Albena. L’associazione ha fornito aiuto e salvato la vita di decine di migliaia di persone costrette a fuggire da un conflitto che da sette anni sta mettendo in ginocchio lo Yemen.
La situazione del Paese è fortemente drammatica e non ci sono speranze per l’immediato futuro che possa evolvere. Oltre al conflitto si è aggiunta la pandemia da Covid-19 e l’impossibilità di strutturare un programma di vaccinazione per la popolazione (che infatti si trova sotto la soglia dell’1% di vaccinati). L’associazione Jeel Albena opera proprio in questo contesto: mancanza di aiuti internazionali, sistema sanitario al collasso, guerra civile e rischi di contagi da Covid-19 maggiori che nella maggiorparte degli altri paesi della regione ma non si è mai arresa, né fermata in questi anni e per questo è stata insignita del prestigioso riconoscimento.
L’associazione yemenita conta più di 160 dipendenti e centinaia di volontari, molti dei quali costretti anch’essi alla fuga. Ha fornito agli sfollati interni, che vivono in accampamenti di fortuna nelle province di Hudaydah e Hajjah, un’occupazione e 18.000 rifugi di emergenza. L’impegno non si è fermato nemmeno quando lo spostamento dei fronti l’ha esposta agli scontri, per cui lo stesso fondatore Ameen Jubran, 37 anni, ha rischiato di perdere la vita ed è stato costretto a fuggire: “le zone in cui lavoriamo sono considerate tra le più povere e le più pericolose”, ha affermato Jubran. “Ogni giorno ci sentivamo in pericolo ma, nonostante ciò, abbiamo continuato ad assistere sfollati e altre persone che avevano bisogno del nostro aiuto. Non potevamo di certo abbandonarli a loro stessi”.
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