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“Non rimandateli in Italia!” In Europa parlano di noi

Quattro Ong specializzate in consulenza legale chiedono ai Paesi europei la sospensione (o almeno un’attenta valutazione) dei riaccompagnamenti di richiedenti asilo in Italia consentiti dal regolamento “Dublino II”. E i tribunali danno loro ragione.

“Sino a che l’Italia non adempirà ai propri obblighi, ci auguriamo che questo rapporto possa convincere gli altri paesi dell’Ue ad astenersi, per il momento,  dall’attuare espulsioni verso questo Paese. Non siamo i soli ad aver constatato che le condizioni dei rifugiati in Italia sono lesive della dignità umana”. Lo scrive il rapporto The Living Conditions of Refugees in Italy, curato da una consulente legale per richiedenti asilo e da un avvocato tedeschi per la rete federale di advocacy Pro Asyl.

“Prima di riaccompagnare in Italia richiedenti asilo, i Paesi membri dovrebbero valutare attentamente la loro situazione e assicurarsi un concreto impegno, da parte delle autorità italiane, affinché queste persone al loro arrivo siano adeguatamente supportate. Nel caso di persone vulnerabili, famiglie con minori e donne sole le autorità dovrebbero astenersi dal reinviarle in Italia in situazioni di incertezza e precarietà…”: queste invece sono le raccomandazioni del rapporto Asylum Procedure and Reception Conditions in Italy curato dalla Schweizerische Flüchtlingshilfe (Organisation d’aide aux réfugiés, con sede a Berna) e da Juss Buss, l’organismo di patrocinio legale animato dagli studenti della Facoltà di legge di Oslo (Norvegia). Il documento raccomanda inoltre di non trasferire i richiedenti asilo in diritto di ricevere protezione “a prima vista” , “dal momento che la protezione di cui potrebbero godere in Italia non assicurerebbe loro condizioni di vita dignitose”. E lo stesso vale per le persone  che hanno già ricevuto lo status di rifugiato o la protezione sussidiaria, la maggior parte dei quali nel nostro Paese “dopo un certo lasso di tempo sono ridotti a vivere in case occupate o sulla strada, privi di supporto e assistenza”.

Ma ecco, sempre dalla Norvegia, ancora un terzo rapporto, questa volta pubblicato dal Noas (Norsk Organisasjon for Asylsøkere, Organizzazione norvegese per i richiedenti asilo, con sede a Oslo) con il titolo The Italian Approach to Asylum: System and Core Problems. Nelle sue raccomandazioni si legge: “Alla luce della situazione attuale, caratterizzata da ingenti flussi di persone in fuga dall’Africa, i Paesi europei dovrebbero coordinarsi per fermare i riaccompagnamenti di richiedenti asilo in Italia, fino a che non sarà accertato che le autorità italiane siano in grado di offrire strutture e servizi adeguati…”.

I tre i report sono stati realizzati nei mesi scorsi visitando Roma, Milano e Torino e intervistando rifugiati, rappresentanti di istituzioni, operatori di chiese e Ong. Ma perché Germania, Svizzera e Norvegia si interessano così tanto all’Italia? In particolare perché sono tra i Paesi le cui autorità indirizzano a Roma il maggior numero di richieste di “assunzione di competenza” a norma del regolameno UE  “Dublino II” (n. 343 18 febbraio 2003, che determina lo Stato competente per l’esame di una domanda d’asilo presentata in uno degli Stati membri: in sintesi, esso stabilisce che il Paese dell’Unione tenuto ad esaminare la domanda di un richiedente è quello del suo primo ingresso).

La Norvegia e la Svizzera non fanno parte dell’UE ma aderiscono a questo accordo, e l’Italia, tradizionale Paese di transito nelle rotte migratorie verso il Centro e il Nord Europa, vede crescere di anno in anno, dall’estero, le richieste di presa in carico in applicazione del “Dublino II”.  Secondo le statistiche del nostro ministero dell’Interno, nel solo 2009 le autorità della Germania hanno presentato oltre 725 richieste di assunzione di competenza all’Italia, quelle della Norvegia ben 1809 e quelle della Svizzera 2102.

In particolare il rapporto svizzero-norvegese della Schweizerische Flüchtlingshilfe e di Juss Buss sottolinea che i riaccompagnamenti in Italia devono essere considerati con cautela non solo secondo “buon senso”, ma facendo riferimento a precisi testi normativi:  l’art. 3, comma 2, dello stesso “Dublino II” (cioè la “clausola di sovranità” che consente a uno Stato membro di decidere di esaminare una richiesta d’asilo anche se tale esame non gli compete in base ai criteri generali del regolamento) e l’art. 3 della Convenzione europea per i diritti dell’uomo (“Nessuno può essere sottoposto… a pene o trattamenti inumani o degradanti”).

Ma la consapevolezza dei rischi legati al riaccompagnamento di richiedenti asilo in Italia non si limita alle denunce delle Ong. “La condanna delle espulsioni verso l’Italia è già stata decretata da alcuni tribunali – ad esempio i tribunali amministrativi di Darmstadt, Weimar, Colonia, Kassel, Francoforte e Minden così come la Corte Europea dei Diritti dell’Uomo”, segnala il rapporto The living Conditions of Refugees in Italy. In Germania, ad oggi i provvedimenti sospensivi di espulsione in Italia emessi da tribunali amministrativi  e censiti da Pro Asyl sono almeno 40. In più, il rapporto di questa Ong cita 4 cause analoghe pendenti di fronte alla Corte europea per i diritti umani: si tratta di due espulsioni dalla Finlandia, di una dall’Olanda e di una dalla Svezia.

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