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Jungle di Calais/ 2: quel silenzio assordante

Una soluzione al “problema” della Jungle di Calais probabilmente oggi non esiste. Ma, come dice a “Vie di fuga” il coordinatore del progetto di Médecins sans frontières nel campo, si potrebbero almeno migliorare le condizioni di vita: «È semplice offrire condizioni migliori per tutti, qui a Calais come a Dunkerque, è solo una questione di mezzi e “dunque” di scelte politiche… E alla fine questo servirebbe a rispondere non solo ai bisogni primari». 

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A Calais (foto D. Battaglia ed E. Simonetti/Meltingpot 2016).

 

A marzo, nei giorni dello smantellamento della zona Sud del “campo” di Calais (vedi news precedente), cinque migranti iraniani hanno chiesto agli operatori del presidio di MSF di cucirgli le labbra con ago e filo, come gesto estremo di protesta. Gli operatori ovviamente hanno rifiutato, hanno cercato di dissuaderli. Ma i cinque migranti si sono cuciti la bocca da soli, imitati il giorno dopo da altri due compatrioti.

Olivier Marteau, coordinatore del progetto-presidio di Médecins sans frontières a Calais, e Mathilde Berthelot, responsabile dei programmi della stessa organizzazione, hanno firmato per Le Monde un breve commento all’accaduto dal titolo Mettiamo fine al silenzio assordante di Calais.

Marteau, quel “silenzio assordante” dura ancora oggi? «Mediaticamente di Calais si parla molto – ci risponde -. Però è un battage che alla fine non dà la parola alle persone veramente interessate alla questione, i migranti. La questione di fondo è: perché, per quali motivi sono arrivati a Calais? Ma la possibilità di rispondere, di dire la loro su questa domanda, con tutto quello che comporta, ai migranti non la si dà».

Ci fosse un consolato…

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Foto Sara Prestianni/Meltingpot 2016.

Ad aprile un prete inglese di ritorno da Calais, padre Dominic Howarth, nel suo report per una piccola charity del Kent ha scritto: «C’è una soluzione a tutto questo? Non esistono scorciatoie, ma una cosa ben precisa il governo del Regno Unito potrebbe farla: aprire un consolato a Calais. Almeno alcune centinaia di persone che hanno seri motivi per ottenere asilo, con la famiglia qui in Inghilterra, non dovrebbero affrontare una traversata pericolosa e illegale sulla Manica. Sarebbe un gesto di vera giustizia e di onestà. Sicuramente meglio che spendere ancora denaro per costruire barriere».

… o anche solo alloggi decenti

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Foto D. Battaglia ed E. Simonetti/Meltingpot 2016.

C’è una soluzione al campo di Calais? La stessa domanda Vie di fuga l’ha girata, al di qua del Canale, a Olivier Marteau.

«Una “soluzione” probabilmente no – è la risposta -, perché il problema è davvero vasto, dalle guerre in Medio Oriente e in Africa alla politica poco accogliente dell’Europa verso i rifugiati. Ma di sicuro si potrebbero migliorare le cose. È semplice, sì, semplice, offrire migliori condizioni di vita a tutti, qui a Calais come a Dunkerque. È solo una questione di mezzi e dunque di scelte politiche».

«Se fossero alloggiate meglio – spiega Marteau – molte persone sarebbero più propense a chiedere asilo qui in Francia, a pensare ad altre possibilità per rifarsi una vita, piuttosto che cercare sistematicamente di passare in Inghilterra. Dunque, “alloggi” migliori non risolverebbero del tutto il problema, ma sarebbero il primo passo, e non solo per rispondere ai bisogni primari». 

Collegamento

Video: la testimonianza di Ahmed, rifugiato siriano e traduttore nel campo di Calais per Msf (Msf, aprile 2016, in francese)

Leggi anche su Vie di fuga

Jungle di Calais/1: al capolinea d’Europa

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