“Cambiano i percorsi migratori, ma è urgente rafforzare l’accoglienza e la protezione internazionale, anche con un più ampio utilizzo della protezione umanitaria”, propone mons. Gian Carlo Perego.
«Gli sbarchi di persone provenienti dalla Libia nei primi quattro mesi dell’anno corrispondono, anzi sono leggermente inferiori, a quelli dello scorso anno. I migranti iniziano percorsi alternativi, via mare e via terra, anche alla luce del disastroso annuncio di azioni militari per distruggere le imbarcazioni nei porti libici. Nei primi mesi dell’anno non sono più i siriani quelli più numerosi ad attraversare il Mediterraneo, ma gli eritrei e i somali: il Corno d’Africa con le guerre, le dittature, drammi di tanti anni, ritorna ad essere protagonista di questi viaggi della speranza sempre più tragici»
Eppure «nel nostro Paese, all’affanno dell’accoglienza, ai percorsi lunghi di riconoscimento della protezione internazionale si uniscono percorsi sommari e discrezionali di esame dei profili dei migranti, che rischiano di non individuare e proteggere vittime di tratta, rifugiati ambientali, rifugiati politici e religiosi. La pressione mediatica e politica sull’emergenza sbarchi, complice le elezioni regionali prossime, rischiano di indebolire il diritto alla protezione internazionale per molte persone che, sbarcando in Italia, chiedono aiuto all’Europa».
A tracciare un critico bilancio sull’accoglienza di rifugiati e migranti nelle ultime settimane è stato, in questi giorni, il direttore della Fondazione Migrantes mons. Gian Carlo Perego, che ha manifestato, tuttavia, una duplice «speranza».
Da un lato speranza verso l’Italia, per un rafforzamento della prima accoglienza in almeno 3.000 comuni italiani sopra i 5.000 abitanti e per la tutela “familiare” dei minori tramite i servizi di affido.
E dall’altro speranza verso l’Europa, «perché il “Mare nostrum europeo” non si fermi nel salvataggio a 30 miglia dalle coste italiane, e perché si giunga a una redistribuzione dei migranti che sbarcano sulle coste del Sud Europa in tutti i 28 Paesi dell’Ue, con l’utilizzo comune della protezione umanitaria e sociale, evitando il più possibile reciproci respingimenti e dinieghi che, allo stato attuale non tutelano le persone, soprattutto i più deboli».
Attese e ritardi (colposi o dolosi che siano) per Perego hanno «purtroppo nuovamente l’odore della morte di tante persone, “uomini e donne come noi”, come ci ha ricordato papa Francesco».
Collegamento
Migrantes: “Deludente l’atteggiamento di chiusura di alcune regioni…” (8 maggio 2015)
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