Dopo il più grave disastro in mare del 2020 sulle coste libiche (45 morti al largo di Zuara), l’UNHCR e l’OIM denunciano: «Le ONG non devono essere ostacolate. Basta con i ritardi, le omissioni di assistenza e gli accordi “ad hoc”. Servono meccanismi di sbarco più rapidi e strutturati».***Aggiornamento 21 agosto: in cinque giorni tre naufragi con decine di morti***
Sono già almeno 300 i rifugiati e i migranti che hanno perso la vita nel Mediterraneo centrale nel 2020: sia l’UNHCR che l’OIM ritengono che questo dato sia probabilmente una sottostima di quello reale. Di sicuro, la “rotta” rimane la più pericolosa fra le tre mediterranee: l’OIM calcola che quest’anno vi abbia perso la vita o sia rimasto disperso l’1,5% delle persone che hanno tentato o sono riuscite a completare la traversata verso l’Italia o Malta. Nel Mediterraneo occidentale la percentuale crolla allo 0,3%, mentre in quello occidentale allo 0,6%.
Intanto, la percentuale di morti e dispersi in mare in tutto il bacino mediterraneo rimane pressoché uguale all’anno scorso, attorno all’1%.
Tre giorni fa si è registrato il naufragio più grave di quest’anno sulle coste della Libia: forse 45 fra migranti e rifugiati (cinque i minori) hanno perso la vita per l’esplosione del motore dell’imbarcazione su cui si trovavano al largo della costa di Zuara; 37 i sopravvissuti, soccorsi dai pescatori del luogo ma prontamente finiti in un centro di detenzione libico.
«Si continua a registrare l’assenza di programmi di ricerca e soccorso dedicati e a guida UE – denunciano insieme l’UNHCR e l’OIM -. Temiamo che senza un incremento immediato delle capacità di ricerca e soccorso, ci sia il rischio che si verifichino disastri analoghi a quelli in cui si è registrato un elevato numero di morti nel Mediterraneo centrale prima del lancio dell’operazione “Mare Nostrum“. Le imbarcazioni delle ONG hanno svolto un ruolo fondamentale nel salvataggio di vite umane in mare a fronte di una drastica riduzione degli interventi condotti dagli Stati europei. L’imperativo umanitario che impone di salvare umane non dovrebbe essere ostacolato e le restrizioni legali e logistiche al lavoro che le ONG svolgono devono essere revocati in tempi rapidi».
“Quelle omissioni e quei ritardi…”
L’UNHCR e l’OIM denunciano anche i ritardi e l’omissione di assistenza da parte degli Stati registrati negli ultimi mesi: «Nei casi in cui le navi mercantili si trovano a essere le più vicine imbarcazioni in grado di prestare soccorso, dovrebbe essere loro garantito prontamente un porto sicuro presso cui far sbarcare i passeggeri soccorsi. Non si dovrebbe intimare di ricondurre le persone in Libia, dove sarebbero a rischio di ritrovarsi in aree segnate da conflitti, di subire gravi violazioni di diritti umani e di essere sottoposte a detenzione arbitraria post-sbarco».
È vero, quest’anno sono approdate fra Italia e Malta oltre 17 mila persone, con un incremento di tre volte rispetto al 2019. «Tuttavia – affermano ancora OIM e UNHCR – il numero è calato drasticamente rispetto agli anni che precedono il 2019 ed è gestibile se vi sono volontà politica e solidarietà da parte dell’UE nei confronti degli Stati costieri europei».
Le due organizzazioni ribadiscono la necessità di abbandonare subito l’approccio che prevede l’adozione di accordi ad hoc in favore di un meccanismo di sbarco più rapido e strutturato. Mentre purtroppo «l’instabilità e l’assenza di sicurezza in Libia permettono alle reti del traffico, della tratta e del crimine in generale di agire impunemente ai danni di migranti e rifugiati vulnerabili».
***Aggiornamento 21 agosto: in cinque giorni tre naufragi e decine di morti***«Non una, ma tre stragi di migranti in cinque giorni. La peggiore delle ipotesi si è materializzata quando le testimonianze dei superstiti e la comparazione delle posizioni dei barconi ha mostrato la presenza di più gruppi di fuggiaschi caduti in mare. E confermato che almeno in un caso qualcuno ha sparato contro un gommone con la chiara intenzione di uccidere un gran numero di persone…» (da Avvenire, 21 agosto 2020). |
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