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Morte e vita: naufragi, “destino” e responsabilità

Un migrante sugli scogli di Ventimiglia.
Un migrante sugli scogli di Ventimiglia.

Ancora 700 morti in pochi giorni nel Canale di Sicilia in tre naufragi. Ancora salvataggi di adulti e bambini. Ancora una volta sembra l'”ineluttabile”, il “destino” delle rotte migratorie mediterranee.  Ma ancora una volta, questa «lotta» fra morte e vita non può non obbligare all’«impegno e alla responsabilità»…

Lo ricorda in un appello mons. Gian Carlo Perego, direttore della Fondazione Migrantes. «Un freno alla crescita esponenziale della vendita di armi da parte dei paesi europei – sostiene Perego -, un “piano Marshall” per l’Africa che stenta a partire, i corridoi umanitari non lasciati alla buona volontà di qualcuno ma organizzati da tutti i Paesi europei e da altri Paesi del mondo, in forza di un diritto internazionale  che già li prevede, un’operazione nel Mediterraneo che non controlla fin dalla partenza i viaggi delle imbarcazioni nel Mediterraneo, un sistema di accoglienza non diffuso nei Paesi europei, un permesso di soggiorno per protezione umanitaria negato  a tutti coloro che sono arrivati  in Europa nel 2014 e nel 2015 e che attendono da oltre un anno e mezzo un permesso nei centri o che sono stati più volte rimandati da un Paese all’altro, in attesa che si possa realmente e concretamente, grazie proprio al piano Marshall per l’Africa, offrire condizioni per un rimpatrio assistito, sono gli atti di responsabilità che mancano all’Europa e che  faranno ulteriormente crescere le morti nel Mediterraneo nei prossimi mesi, anche di numerosi bambini,  e alimenteranno sfruttamento, violenze, oltre che la ricchezza dei trafficanti di esseri umani».

Una nuova “obiezione di coscienza”

Parla in particolare alla Chiesa, mons. Perego, ma non solo. Nelle comunità cristiane, sottolinea il direttore della Migrantes, «siamo chiamati ad alimentare, dopo l’appello di papa Francesco e il vademecum dei Vescovi italiani, una corretta informazione sulle storie di chi sbarca sulle nostre coste, per evitare letture distorte e false che alimentano  paure e discriminazioni».

Ma a tutto questo può aggiungersi «una nuova storia di “obiezione di coscienza alle armi”, a fronte di chi alimenta paura e voglia di “sicurezza” solo attraverso muri e armi diffuse. Dalla responsabilità di ciascuno per la pace e per la giustizia, per l’accoglienza e la cooperazione rinasce la democrazia in Europa e si prepara il futuro».

«Per quanto riguarda l’Italia – conclude Perego -, Lampedusa, Pozzallo, Augusta e tutti i porti devono diventare una “porta aperta” e non un luogo chiuso (hotspot) per salvare, accogliere e tutelare  le vittime di conflitti, di disastri ambientali, di tratta e violenza».

 

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