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Nuovo Patto UE sulla migrazione e l’asilo: “casa a tre piani” o un muro sempre più alto?

Un piccolo dossier tratto dal webinar che, nell’ambito dell’edizione “extra” del festival diffuso delle culture mediterranee “Sabir”, ieri ha offerto una lettura critica del Nuovo patto sulla migrazione e l’asilo proposto dalla Commissione dell’UE.  «Il Patto conferma una grave lacuna in materia di migrazione legale. Ma intanto pensa solo a contrastare gli ingressi e i  “movimenti secondari” all’interno dell’Unione».

È stato presentato come una “casa a tre piani”, facendo riferimento ai suoi “pilastri”, ma rischia di rendere più alta quella che da anni molti chiamano “Fortezza Europa”: è la proposta per un “Nuovo patto sulla migrazione e l’asilo” che la Commissione Europea ha presentato a settembre. Un insieme di testi in cui non è facile orientarsi, come non è facile prevedere che cosa di essi “passerà” effettivamente nella normativa UE. In un webinar organizzato ieri nell’ambito del festival “Sabir extra“,  la docente dell’Università di Firenze Chiara Favilli ha percorso criticamente la proposta di “Nuovo patto”.

Contrastare, contenere, rimpatriare

 «Il Patto è un programma di legislatura – ha esordito Favilli, docente associato di Diritto dell’Unione Europea -. Fatto nuovo, presenta subito delle proposte di atti normativi per recuperare i mesi, anzi gli anni perduti: queste proposte sono ben nove, fra vincolanti e non, cosa che rende non facile dare un giudizio complessivo. Ma per cogliere gli obiettivi di fondo non c’è bisogno di interpretare i testi, perché sono stati ribaditi dagli stessi Commissari dell’Unione: contrastare gli ingressi irregolari e il cosiddetto “abuso” del diritto d’asilo, contenendo i flussi migratori verso l‘UE e rafforzando, per questo fine, la cooperazione con i Paesi d’origine e di transito, per impedire le partenze e facilitare i rimpatri. In quest’ottica i canali di ingresso legali non potranno mai compensare le misure di contenimento».

Si prevede il rafforzamento delle procedure di frontiera, con una procedura di esame preliminare per tutte le frontiere dell’Unione (sul modello degli hotspot sperimentato in Italia dal 2015), applicabile anche ai migranti irregolari intercettati sul territorio dopo l’ingresso. Si estende la procedura accelerata in frontiera per i richiedenti asilo, che sarà applicata a tutti coloro che provengono da Paesi per i quali il tasso di riconoscimento della protezione è inferiore al 20%.

«Un’altra modifica rilevante – osserva Favilli – è la prevista “contestualità” dei provvedimenti di diniego della protezione e di quelli di allontanamento».

Un “nuovo” Dublino?

A proposito del regolamento “di Dublino”, il “Patto” contiene una nuova proposta che tiene ben poco conto della “storica” risoluzione del Parlamento Europeo del 16 novembre 2017.

Certo, si profila un’abolizione probabilmente anche lessicale del vecchio “Dublino”, un provvedimento che è sempre stato fonte di divisioni, a favore di un nuovo regolamento sulla gestione della migrazione e dell’asilo. Ma il sistema nella sostanza non cambia.

«Rimangono gli stessi “criteri di responsabilità” per l’esame dei richiedenti asilo già in vigore, compreso quello del “primo Paese di ingresso”». E tuttavia se ne aggiungono tre: la presenza di fratelli in uno Stato membro, la costituzione di legami familiari e l’acquisizione di un diploma sempre in un Paese membro.

D’altro canto si prevedono sia una limitazione delle clausole che consentono di derogare ai criteri di responsabilità («sono le clausole che nel 1990 avevano indotto l’Italia ad accettare la prima Convenzione di Dublino…»), sia sanzioni per i richiedenti asilo che si sottraggono agli obblighi.

Soccorso e solidarietà (con uscita di sicurezza)

«Per la prima volta il “Patto” propone disposizioni specifiche sulle operazioni di ricerca e soccorso in mare – prosegue Favilli -. E i “criteri di responsabilità” del regolamento Dublino III sono “superati” quando si tratta di persone soccorse in mare o in situazioni di pressione, rischio o crisi in uno Stato membro. Qui si tenta di venire incontro alle richieste italiane».

In questi casi si prevede l’applicazione del “principio di solidarietà” su regia della Commissione: in primis con la ricollocazione volontaria «che già conosciamo» (su modello della Dichiarazione di Malta del 2019, ma anche sulla base di un documento di previsione annuale per prevedere bisogni e posti disponibili); se però uno Stato non vuole richiedenti asilo, ha l’alternativa di cooperare come sponsor” nei rimpatri.

Purtroppo, commenta ancora Favilli, «è improbabile che il sistema proposto sarà davvero efficace. È un meccanismo complesso e fondato sulla volontarietà e sulla cooperazione con i Paesi di origine e di transito. Potrebbe funzionare solo con piccoli numeri consentiti dal contenimento dei flussi di persone».

In definitiva, la proposta del “Nuovo patto” sembra inanellare una dopo l’altra una serie di occasioni mancate.  Ma altre politiche sarebbero possibili? «Sì, lo ha dimostrato la risoluzione del Parlamento Europeo nel 2017 su Dublino. Il nuovo “Patto” conferma la grave lacuna in materia di migrazione legale. Ma intanto si pensa solo a contrastare gli ingressi e i  “movimenti secondari” all’interno dell’Unione».

Una delle (poche) note positive: verso una maggiore libertà di circolazione?

«Una nota positiva contenuta nel “Patto” riguarda la possibile estensione della libertà di circolazione dei cittadini di Paesi terzi che siano soggiornanti di lungo periodo, inclusi i beneficiari di protezione internazionale […]. Un passo in questa direzione è stato mosso con la direttiva 2003/109/CE sullo status di lungo-soggiornanti estesa dal 2011 anche ai beneficiari di protezione. Con il Patto si ha un avanzamento con la riduzione a tre, dagli attuali cinque, degli anni necessari al fine di ottenere lo status di soggiornante di lungo periodo per i beneficiari della protezione internazionale. Opportunamente, si indica anche la necessità di intervenire sulla modifica della direttiva 2003/109 di modo che si giunga a riconoscere un più ampio diritto di soggiorno negli altri Stati membri, attualmente condizionato alla disciplina sull’immigrazione dei singoli Stati. Tuttavia nessuna proposta è stata ancora presentata. Per questo occorrerà attendere, secondo quanto indicato dalla “tabella di marcia” (la roadmap del “Patto, ndr), il quarto trimestre 2021, sempre salvo rinvii» (C. Favilli su Questione giustizia, ottobre 2020).

 

27 ottobre 2020, voci di webinar (& dintorni)

“Un resa di fronte ai sovranisti” «Questo “Patto” appare come una resa delle grandi famiglie del Parlamento Europeo (anche se a proporlo è stata la Commissione) di fronte ai governi “sovranisti”, che in questi anni hanno insistito sulla retorica dell’invasione, dei rimpatri e del respingere. Hanno pensato in questo modo di “tenere insieme” l’UE» (F. Miraglia, ARCI, 27 ottobre 2020). 

“Un Patto tutto da cambiare (e che frega l’Italia)” – «Che cosa sarà della proposta del “Patto”? Non lo so, ma deve essere cambiato completamente (a partire dalla filosofia di fondo, inaccettabile), fin dalla commissione LIBE e in plenaria, attraverso il voto: bisogna far vivere un’altra concezione più consona a quella che il Parlamento Europeo ha già espresso. Ma sono anche preoccupato, il quadro politico è cambiato su questi temi. L’UE si è fatta più giusta sulla risposta corale alla pandemia, sulla sospensione dell’austerità. Ma sulle migrazioni non siamo a una svolta: continuano a essere viste come un danno da ridurre, e l’UE come un fortino assediato. Anche se questo è un “Patto” che frega l’Italia, perché non prevede un meccanismo di ricollocazione automatica e di condivisione dello sforzo d’accoglienza, quando la strada giusta sarebbe proprio quella dell’obbligatorietà e della responsabilizzazione. Ma anche, poi, quella dei “canali legali d’accesso”, che dobbiamo spiegare bene nel nostro Paese. Quella dell’emersione dell’illegalità, giusta ma pure conveniente, anche in termini di sicurezza. E poi quella della cancellazione dei centri di detenzione libici, e di un “no” alle risorse della cooperazione destinate in Libia e in Niger al contenimento e al concentramento. Qui, insomma, non si può sanare a forza di emendamenti, servirebbe una proposta radicalmente diversa» (P.-F. Majorino, eurodeputato, 27 ottobre 2020).

…E la migrazione legale? “Dopo la consultazione pubblica…” – «Il nuovo Patto conferma e non colma la grave lacuna in materia di migrazione legale.  Il massimo che si è riusciti a partorire è la promozione di una consultazione pubblica a seguito della quale valutare possibili proposte normative. È improbabile che questo avvenga prima della fine della legislatura in corso…» (C. Favilli su Questione Giustizia, ottobre 2020). 

Collegamenti

Per approfondire: Il patto europeo sulla migrazione e l’asilo: “C’è qualcosa di nuovo, anzi d’antico” (di C. Favilli, in Questione giustizia, ottobre 2020)

70 ONG sul Patto migrazione e asilo: necessario modificare gli aspetti problematici e ampliare gli aspetti positivi (6 ottobre 2020)

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