«Un cambiamento fortemente atteso, di fatto si è fermato al piano formale». Pubblicati i risultati del primo monitoraggio in Italia sull’applicazione delle nuove norme del DL 130 in materia di diritto d’asilo in 15 città italiane. In un dossier, le storie e le situazioni denunciate dal Forum per cambiare l’ordine delle cose. Nuova protezione speciale, tutto quello che bisogna sapere.
Una situazione grave, da protesta pubblica. Ma che ora richiede, prima di tutto, tanta informazione in traduzione plurilingue, perché sia i migranti sia (probabilmente) numerosi sportelli di orientamento non conoscono ancora bene i cambiamenti introdotti dal DL 130-legge 173/2020. Se n’è discusso ieri all’incontro di presentazione on line dei risultati di un monitoraggio sull’attuazione della nuova normativa realizzato dal Forum nazionale per cambiare l’ordine delle cose in collaborazione con GREI 250, Refugees Welcome Italia, Fondazione Migrantes ed EuropAsilo.
15 città, focus protezione speciale
Per questo monitoraggio, il primo in Italia sull’argomento, la rete del Forum si è concentrata su 15 città (Reggio Calabria, Lecce, Brindisi, Bari, Foggia, Termoli, Napoli, Caserta, Roma, Firenze, Bologna, Ancona, Parma, Trieste e Bolzano), interrogando gli uffici immigrazione delle Questure locali, verificando le prassi adottate dalle Commissioni territoriali per la protezione internazionale e le posizioni assunte dai Tribunali ordinari.
Al centro dell’attenzione, le procedure per la protezione internazionale e per il rilascio dei relativi permessi di soggiorno, in particolare quello di protezione speciale, e la gestione dei casi pendenti come prevista dall’art. 15 del DL 130.
Firenze: “Noi i primi? Giammai”“La Questura riceve le PEC, ma non ha ancora convocato nessuno e non è stato rilasciato alcun permesso per protezione speciale. Sembrerebbe che il problema sia legato anche alla responsabilità di essere la prima Questura a rilasciare questo documento, nella confusione causata dall’assenza di indicazioni specifiche da parte del Ministero: una responsabilità che nessuno, al momento, sembra volersi prendere” (testimonianza da Firenze). |
Il dossier del Forum per cambiare l’ordine delle cose, pur molto sintetico e accessibile anche ai “non addetti ai lavori”, denuncia numerose vicende e situazioni sotto vari indicatori: dall’istanza di rilascio del permesso di soggiorno per protezione speciale rivolta al Questore (ostacolata da tante incertezze e, a partire dal 19 marzo, da una discussa circolare ministeriale) al rinnovo dei permessi ex protezione umanitaria (per i quali si continua a chiedere la documentazione prevista dal “decreto sicurezza” n. 113), dalle illegittime richieste di documenti per il rinnovo o il rilascio del documento di protezione alla gestione dei casi pendenti “articolo 15”, dalle “conversioni impossibili” (ad esempio quella da ex protezione umanitaria a permesso per lavoro) ai tempi lunghissimi per la formalizzazione delle domande d’asilo o di protezione speciale.
“Ha pagato il suo riscatto, può tornare in Nigeria tranquilla”«In molti casi la Commissione territoriale ha rigettato la protezione internazionale e speciale seppur in presenza di elementi riconducibili agli articoli 3 e 8 della CEDU (la proibizione di trattamenti inumani e degradanti e il diritto al rispetto della vita privata e familiare, ndr). Nello specifico riportiamo:
(Testimonianza dello Sportello legale di CIAC ONLUS, Parma). |
Se il governo boicotta il suo decreto
Questi i risultati di sintesi del monitoraggio: «Purtroppo è emersa una totale disapplicazione della legge, con gravi criticità procedurali. Concretamente centinaia di persone che avevano già subito le conseguenze dei “decreti sicurezza” continuano a essere intrappolate in un pericoloso limbo giuridico e di irregolarità, trasversale in tutta Italia, seppur con alcune specificità… Un cambiamento fortemente atteso, di fatto si è fermato al piano formale. Nella pratica, chi è stato messo ai margini dai “decreti sicurezza” continua a trovarsi bloccato da prassi che si scontrano con la tutela dei diritti e che non riconoscono i percorsi di vita delle persone»: uomini e donne che vivono in Italia magari da molti anni, lavorano, intrecciano rapporti e costruiscono relazioni, ma la cui inclusione finisce per essere ostacolata dallo Stato.
Il dossier del Forum riporta sopra il titolo Paradosso all’italiana un “occhiello” significativo: Come il governo boicotta il suo decreto legge.
In Questura non sanno che la legge è cambiataM., tunisino, ha dal 2016 un permesso di soggiorno per protezione umanitaria a causa di problemi di salute che lo stanno portando alla cecità. Nel dicembre 2020 inoltra la richiesta di rinnovo. L’ufficio immigrazione della Questura competente gli chiede la conversione del permesso ai sensi del “decreto sicurezza” n. 113, “informandolo” che, qualora la conversione non sia accettata, la sua procedura sarà rigettata per l’assenza dei requisiti previsti. «Un’informazione errata – denuncia lo Sportello legale dell’associazione Pensare Migrante di Roma -, dal momento che tutto questo avviene quando la normativa è stata già modificata dal DL130/20. Sulla base di comunicazioni sbagliate da parte delle istituzioni, M. rischiava di non avere il rinnovo del permesso di soggiorno. Inoltre, la situazione ha determinato per M. un fortissimo stress…». |
Ma che cosa è sicurezza?
Si legge nelle “Conclusioni e raccomandazioni” di Paradosso all’italiana: «La vera sicurezza è permettere a chi è in Italia di vivere per la propria piena realizzazione. Sicurezza è sapere che lo Stato protegge le relazioni familiari e sociali, il lavoro, l’accesso ai servizi. Sicurezza è un Paese che valorizza il contributo che ogni persona può dare all’interno della società. Sicurezza significa diritti garantiti per tutti, nessuno escluso. Perché una società sicura è una società che si cura».
Vent’anni e due figli in Italia? Non bastano per restareO. è fuggito dalla Nigeria nel 2000 ed è arrivato in Italia nel 2002, dove si è poi sposato. Sia lui che la moglie hanno ottenuto la protezione umanitaria per uno stato di salute cagionevole. Hanno due figli di 10 e 12 anni, che naturalmente vanno a scuola e però giocano anche a basket, da anni, in una squadra di Castelvolturno. «Nel 2018 i due chiedono il rinnovo del documento – riferisce lo Sportello legale del centro sociale Ex Canapificio di Caserta -, ma i “decreti sicurezza” hanno cancellato la protezione umanitaria, e quindi la loro richiesta viene rigettata dalla Commissione territoriale. La causa però è ancora pendente: manca infatti il diniego ufficiale notificato dalla Questura». O. e la moglie presentano così un’ulteriore istanza di rinnovo, visto l’art. 15 del DL130. Ma «nonostante la richiesta sia stata integrata con la documentazione necessaria ai fini del riconoscimento della protezione speciale, la Questura ha confermato il rigetto, e la Commissione non ha riesaminato i casi, basandosi sulla circolare della Commissione nazionale (un atto interlocutorio del novembre 2020, ndr)». «Con la conferma del rigetto – tira le somme lo Sportello legale del Canapificio – non sono stati tutelati la vita privata, il nucleo familiare e il percorso di vita di due persone in Italia da vent’anni. A causa della mancanza di direttive chiare, la legge è stata di fatto contrastata, e i diritti delle persone calpestati. Contro questa decisione abbiamo presentato ricorso». |
Nuova protezione speciale, quello che bisogna sapere
Il DL 130/2020 ha riformato la protezione speciale che era stata introdotta dal “decreto sicurezza” n. 113/2018, facendone uno strumento importante per garantire la conformità alle norme e ai principi costituzionali e internazionali. Quelli che seguono sono i quattro aspetti fondamentali del riconoscimento oggi in vigore.
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Allegato
Il dossier Paradosso all’italiana (file .pdf, 17 maggio 2021)
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