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Paroles de bandits – regia di Jean Boiron-Lajous – documentario – 90′ – prod. Prima Luce – distr. Dock66/Ligne7 – Francia 2019  – in francese, senza sottotitoli

La testimonianza degli abitanti della val Roya francese che hanno accettato il rischio di finire in tribunale aiutando i giovani migranti in transito dall’Italia a evitare blocchi stradali e controlli, in nome di diritti fondamentali e senza confini. Fino alla mezzanotte di oggi il documentario, penultimo titolo in programma per la rassegna  Crocevia di sguardi 2020 dell’istituto FIERI, può esser visto gratuitamente sulla piattaforma Festivalscope. 

«Quando un prefetto è condannato dal Tribunale amministrativo a più riprese perché non rispetta le procedure per la gestione delle domande d’asilo, quando a Briançon dei giornalisti hanno accertato coi loro occhi che la polizia ha riportato dei minori su fino a un colle a 1.500 metri d’altezza in piena notte, quando ci sono delle procedure legali d’asilo da rispettare, ma sono del tutto calpestate…».

A fare da colonna sonora a questo documentario c’è un tempo inquieto dell’Inverno di Vivaldi. A fare da location ci sono paesini abbarbicati alla montagna, boschi meravigliosi accarezzati dalla brezza, case modeste e solitarie, salti di roccia e passi tra i boschi, spiagge sassose, torrenti, e anche tutto lo squallore degli spazi sotto i viadotti. Ma la scena è (quasi) tutta per loro, gli uomini e le donne della val Roya francese che hanno accettato il rischio di finire in tribunale aiutando i migranti in transito dall’Italia a schivare blocchi stradali e controlli, in nome di diritti fondamentali e senza confini e, ovviamente, senza il minimo profitto personale.

Di questa solidarietà, di questi “reati di solidarietà” che hanno dato vita a un piccolo movimento di resistenza, i protagonisti parlano con semplicità, senza la minima esaltazione, mentre lavorano, mentre sono in casa o alla guida di un’auto, mentre dialogano o ascoltano i migranti che hanno accolto, che aiutano e consigliano («Tu sai che c’erano molti rifugiati come te a Saorge, ricordi? Molti. E come te non volevano aspettare. Sono partiti, sulla ferrovia, e quasi tutti sono stati presi dalla polizia…»). O mentre magari, in chat, vengono a sapere che su a Nord uno dei “loro” ragazzi è ormai un rifugiato riconosciuto sulla strada dell’integrazione.

Altre volte, ad esprimere tutta la fatica di un viaggio ancora nel limbo sono gli stessi migranti africani o dell’Asia centrale, tutti giovanissimi. «Si possono mettere controlli dappertutto – chiosa una signora anzianotta che si sta fumando una sigaretta. – Ma è illusorio pensare di chiudere ermeticamente le frontiere. Se vogliono passare passeranno. Sarà più difficile, ci saranno più morti e feriti, ma passeranno».

“Monsieur le procureur…”

Cliccare per ingrandire: Cédric Herrou in “Paroles de bandits”.

Però la sequenza più forte del lungometraggio è quella che raccoglie lo sfogo del più famoso dei “bandit”, Cédric Herrou, il giovane agricoltore di Breil-sur-Roya arrestato per la prima volta nel 2016 mentre trasportava dei migranti attraverso la frontiera franco-italiana.

Nel film di Boiron-Lajous, Cédric entra ed esce di casa gettando in cortile alcune pentole, materassini, sacchi a pelo, una tendina, fogli di carta. Mentre con la sua stessa voce fuori campo protesta, con furia trattenuta: «Monsieur le procureur, signor procuratore, ci avete messi dietro le sbarre, avete ordinato a 30 agenti di entrare nei miei terreni per portar via tre minori non accompagnati che aspettavano da un mese di essere presi in carico dai servizi sociali. Avete frugato nella mia casa mentre ero via, aggredito i miei cari. Non so che cosa cercassero in modo così violento. Armi? Eccole: sono questa tendina e queste coperte che davano un riparo ad alcuni giovani stremati, arrivati da me dopo sei ore di cammino nei tunnel della ferrovia: dalla fine di dicembre ne sono già morti tre, laggiù. Sono questi materassini che hanno dato un po’ di riposo a minorenni abbandonati dalla pubblica autorità. Sono queste padelle, queste stoviglie. La mia patente di guida per portarli dall’altra parte della valle, perché potessero incontrare i loro fratelli e sorelle, parenti, amici, o semplicemente usufruire del loro diritto di chiedere asilo. E poi questi fogli con le lettere, i messaggi senza confini che danno loro un po’ di forza. Eccomi in mezzo alle armi per cui mi dichiarate colpevole. Però sappia, signor procuratore, che io rimarrò nelle mie convinzioni, e non pensi che io sia solo, perché siamo migliaia, milioni. La nostra libertà non sarà fermata dalla minaccia delle vostre carceri» (per la cronaca e fuor di film, Herrou lo scorso aprile è stato prosciolto in Appello e attende ora un pronunciamento di Cassazione).

Paroles de bandits potrebbe restare tra le fonti di chi, magari fa qualche decennio, cercherà di ricostruire la storia delle migrazioni in Europa nei nostri anni, con tutte le sue contraddizioni, le sue vergogne, i suoi (più o meno isolati) sussulti di dignità e coraggio. Intanto, può essere visto gratuitamente fino alla mezzanotte di oggi sulla piattaforma Festivalscope, previa rapida registrazione.

Il regista

Jean Boiron-Lajous ha studiato cinema e si è laureato all’Università di Lille 3 e Aix-Marseille. Ha diretto La mémoire et la mer, documentario prodotto dall’Università di Aix-Marseille. È stato assistente alla regia per Agnès Varda nella miniserie Agnès de-ci de-là Varda. Collabora all’organizzazione di “La Première fois”, il festival di Marsiglia dedicato al documentario, e nel 2015 ha realizzato il documentario Terra di nessuno.

“Paroles de bandits”, il trailer.

Collegamento

La parte di Paroles de bandits che contiene lo “sfogo” dell’attivista Cédric Herrou (già diffusa in cortometraggio nel 2017)

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