di Marco Calabrese
Il 26 maggio è stato presentato al Museo diffuso della Resistenza di Torino il rapporto “Fuori campo” di Medici senza frontiere. Per l’occasione sono intervenuti, oltre all’autore Giuseppe De Mola, alcuni esponenti delle realtà cittadine che si occupano di accoglienza nel capoluogo piemontese. La presentazione del rapporto è stata un’occasione per approfondire alcune tematiche descritte nel testo, in particolare la situazione dell’ex Moi e l’accesso al Servizio sanitario nazionale.
Passato e presente di un’occupazione. L’ex MOI di Torino
Oramai tre anni fa, infatti, quattro palazzine del complesso costruito nel 2006 in occasione delle Olimpiadi invernali sono state occupate da migranti in gran parte usciti dai centri allestiti nell’ambito del programma “Emergenza Nord Africa”. Secondo i dati forniti dal rapporto, nell’insediamento di via Giordano Bruno sarebbero presenti circa 1.200 persone, sia donne che uomini, come testimoniato dall’ultimo censimento ufficiale: per la maggior parte, come afferma lo stesso Giuseppe de Mola, «sono persone in Italia da anni e che non sono riuscite ad integrarsi una volta finita la prima fase dell’accoglienza, perché non sono stati forniti loro gli strumenti e le competenze necessarie».
Tuttavia, nelle palazzine dell’ex villaggio olimpico i problemi principali sono altri: in primo luogo l’accesso al Servizio sanitario nazionale, che dovrebbe essere garantito a tutti gli occupanti in quanto titolari di protezione umanitaria ma che spesso, invece, viene negato agli sportelli dell’ASL quando i ragazzi si presentano da soli seppur in possesso di tutti i documenti necessari per ottenere le prestazioni. In secondo luogo, dato anche il sovraffollamento, le palazzine sono in pessime condizioni quindi gli occupanti e i volontari sono costretti ad effettuare una costante manutenzione degli interni per riuscire a garantire il funzionamento minimo delle strutture.
Storie di altre occupazioni e di altri insediamenti informali a Torino
Un altro insediamento spontaneo, ««forse l’unica storia a lieto fine» secondo il rapporto, è quello in via Madonna delle Salette occupato dal gennaio 2014 da rifugiati provenienti prevalentemente dal Corno d’Africa, per il quale è stato raggiunto un accordo con i Salettiani al fine di ristrutturare l’immobile e di destinarlo all’accoglienza. Nel rapporto sono raccontati anche gli insediamenti di corso Chieri e via Bologna: in entrambi i casi nei due stabili vi sono circa un centinaio di persone, sia donne che uomini di etnia rispettivamente somala e sudanese.
Tuttavia, la situazione più drammatica e che ha avuto sviluppi anche dopo la presentazione del rapporto è quella dei richiedenti asilo afghani e pakistani che hanno sostato presso le Porte Palatine nell’estate 2015. In seguito, come denunciato da ASGI a inizio maggio 2016, «queste persone sono prima state sgomberate, inserite nel piano emergenza freddo e spostate nei container alla Pellerina e in seguito, si sono accampati sulle rive dello Stura, dove hanno passato anche buona parte dell’inverno. Nessuno ha fatto nulla nonostante le autorità fossero a conoscenza della situazione in quanto i ragazzi ci hanno detto di essere stati tutti identificati dalla polizia: c’è stato bisogno del ricovero per leptospirosi di un ragazzo afghano affinché ci si mobilitasse».
Ad oggi, i trenta afghani e pakistani, che avevano presentato domanda di accoglienza tra settembre e novembre 2015 e avevano ottenuto il foglio per essere inseriti nel sistema d’accoglienza, secondo quanto afferma l’ASGI, sono stati integrati in vari progetti, come testimoniato anche da Donatella Giunti, funzionario della Prefettura di Torino presente alla presentazione. Non è stato fornito un numero preciso di quanti richiedenti asilo siano rimasti presso lo Stura, ma la situazione sembra essere in procinto di risolversi.
L’auspicio è che da questa presentazione possano essere tratti spunti per migliorare il sistema d’accoglienza torinese, sebbene ad oggi sia uno dei migliori in Italia, oltre all’augurio che da questa serata possa nascere un tavolo, come chiesto da Nicolò Vasile, tra il comitato dell’ex Moi e l’ASL di Torino per garantire un miglior accesso ai servizi sanitari ai richiedenti asilo residenti nelle palazzine.
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