Nell’area della Città metropolitana di Torino, su 198 Comuni con più di 1.000 abitanti sono solo 15 quelli che hanno dato accesso ai buoni spesa dell’emergenza coronavirus a tutti i nuclei in difficoltà domiciliati nel loro territorio senza tener conto del requisito della residenza (che esclude persone senza dimora e richiedenti asilo), nel pieno rispetto dell’ordinanza della Protezione civile n. 658 del 29 marzo. Un’«azione coraggiosa e inclusiva», certo, ma che rimane una “buona pratica” di pochi quando avrebbe dovuto essere di tutti.
“Solidarietà alimentare” nell’emergenza coronavirus: malgrado l’etichetta, malgrado gli appelli ai sindaci e poi le linee guida dell’UNAR, si è rivelata terreno fertile per discriminazioni distratte o deliberate.
Lo ha verificato fra l’altro, su scala ridotta ma purtroppo significativa, il “nodo metropolitano” per il contrasto alle discriminazioni dell’UNAR che ha sede nella Città metropolitana di Torino (la vecchia Provincia), in collaborazione con l’ASGI e l’IRES Piemonte: analizzando i bandi dei 198 Comuni del territorio metropolitano con più di mille abitanti, il “nodo” dell’UNAR ha portato alla luce criteri discriminatori per l’accesso ai buoni spesa dei fondi di solidarietà alimentare.
«La maggior parte dei Comuni del territorio metropolitano – rivela una nota della stessa Città metropolitana – ha chiesto come criterio di accesso alla misura il possesso della residenza, escludendo in questo modo tutti i gruppi sociali più esposti a rischio di povertà» come persone senza dimora, stranieri (fra cui richiedenti asilo) e zingari.
Solo 15 Comuni hanno esteso l’accesso alla misura a tutti i nuclei in difficoltà domiciliati nel loro territorio. Se cinque hanno legato il beneficio all’emergenza coronavirus, gli altri 10 hanno precisato nel bando che la misura è rivolta ed estesa veramente a tutte le persone in situazione di bisogno: si tratta di None, Almese, Villar Perosa, Airasca, Scalenghe, Perosa Argentina, Buriasco, Villar Pellice, Porte e Pomaretto.
«In un momento così drammatico, questi sindaci hanno lavorato per non lasciare indietro nessuno con un’azione coraggiosa ed inclusiva, un vero esempio di solidarietà», ha commentato in questi giorni Marco Marocco, vicesindaco della Città metropolitana di Torino.
Una solidarietà autentica che però rimane “buona pratica” per una manciata di Comuni, quando dovrebbe essere di tutti, per legge dello Stato e in osservanza a un’ordinanza della Protezione civile nazionale (vedi i riquadri qui sotto).
Documenti/1: dall’ordinanza della Protezione civile n. 658 (29 marzo)«L’Ufficio dei servizi sociali di ciascun Comune individua la platea dei beneficiari (dei buoni spesa per generi alimentari, ndr) ) e il relativo contributo tra i nuclei familiari più esposti agli effetti economici derivanti dall’emergenza epidemiologica da virus Covid-19 e tra quelli in stato di bisogno, per soddisfare le necessità più urgenti ed essenziali con priorità per quelli non già assegnatari di sostegno pubblico (RdC, Rei, Naspi, indennità di mobilità, cassa integrazione guadagni, altre forme di sostegno previste a livello locale o regionale, ndr)». |
Documenti/2: le Osservazioni UNAR (17 aprile)«I criteri adottati da alcuni Comuni che per la distribuzione di buoni spesa e di generi di prima necessità a persone in stato di bisogno stabiliscono un ordine di priorità per i cittadini italiani, comunitari o per gli stranieri in possesso del permesso di soggiorno CE di lungo periodo sono discriminatori nei confronti degli stranieri regolarmente soggiornanti, titolari di un permesso di soggiorno diverso da quello di lungo periodo nonché nei confronti di quelle persone del tutto prive di titolo di soggiorno ma che pure versino in stato di bisogno. Infine, il criterio della residenza, se inteso dal punto di vista strettamente anagrafico, potrebbe discriminare indistintamente sia cittadini italiani che stranieri privi di fissa dimora, sia i richiedenti asilo non iscritti alla anagrafe della maggioranza dei Comuni. In sostanza, potrebbe configurarsi non solo discriminatorio ma altresì in controtendenza con i principi stessi dell’Ordinanza 658 della Protezione Civile, andando proprio ad escludere da un beneficio proprio quei soggetti che in questo momento si trovano nelle condizioni di maggiore bisogno». |
Collegamenti
Aprile 2020, i buoni spesa già in tribunale: discriminatorio escludere rifugiati, richiedenti asilo, permessi di lavoro e famiglia (decreti dei Tribunali di Brescia e Ferrara), ma anche gli “irregolari” (decreto del Tribunale di Roma)
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