Fra indagini, voci di indagini, missioni militari costrette a muoversi in un campo minato e il fallimento (almeno provvisorio) dell’operazione “Codice di condotta” per le ONG, sono poche le voci che, in queste settimane di sostanziale isolamento internazionale per l’Italia, hanno ricordato le vere urgenze della “questione Mediterraneo”: i morti in mare e le condizioni di vita disumane dei migranti e dei rifugiati in Libia. *** Aggiornamento 15 agosto 2017: negli allegati il testo del “Codice di condotta”.
«Non ci sono campi o “centri” in Libia, ma solo prigioni, alcune controllate dalle autorità, altre da milizie e trafficanti, e vi sussistono condizioni orribili. Chiunque venga sbarcato sulle coste libiche torna in queste carceri. Possiamo sperare che un giorno ci saranno centri decenti e aperti, ma oggi non esistono».
Alla fine doveva pur prendere posizione anche l’UNHCR. Lo ha fatto ieri Vincent Cochetel, inviato speciale dell’Alto Commissariato per il Mediterraneo Centrale che, intervistato dall’ANSA, ha almeno cercato di riportare al centro dell’attenzione uno dei problemi veri e urgenti del Mediterraneo centrale: gli orrori che migranti e rifugiati cercano di lasciarsi alle spalle salpando dalla Libia.
Così, davvero, non c’è molto da rallegrarsi se a luglio, per la prima volta in diminuzione dopo sei mesi, il numero di persone soccorse in mare e sbarcate in Italia si è più che dimezzato rispetto al luglio 2016 (11.192 contro 23.552), mentre la nuova Guardia costiera libica sostenuta dall’Italia negli ultimi mesi ne ha intercettate nelle proprie acque e riportate indietro oltre 10 mila.
Il punto più aggiornato sulle violazioni e sugli abusi ai danni di rifugiati e migranti nel Paese africano è del mese scorso, e si trova nel rapporto Una tempesta perfetta. Il fallimento delle politiche europee nel Mediterraneo centrale di Amnesty International (nelle pagine che precedono le consuete “raccomandazioni” della ONG, vedi qui sotto nell’allegato).
L’altro “problema” vero e urgente di cui (quasi) nessuno sembra più parlare, in questi giorni, rimane quello delle vittime nel Canale di Sicilia. La sola rotta del Mediterraneo centrale nel 2017 ha già registrato 2.232 morti fino al 2 agosto. Anche qui il dato è in diminuzione rispetto allo stesso periodo 2016 (anzi, con una diminuzione ancora più accentuata, meno 18%, contro il meno 3% degli arrivi). Ma comunque, come ricorda il direttore della Fondazione Migrantes don Gianni De Robertis, «il grande scandalo che rischiamo di dimenticare è che continuano le morti in mare», e le persone «in pericolo di vita che devono continuare ad affidarsi a delinquenti perché l’Unione Europea non è capace di offrire loro, così come è loro diritto, un modo sicuro di trovare salvezza».
Intanto la Guardia costiera di Tripoli continua a «salvare e arrestare». Il ministro dell’Interno Minniti interviene reciso sull’iniziativa del “Codice di condotta” per le ONG, che finora ha riscosso magri risultati («Chi non firma non potrà far parte del sistema di salvataggio che risponde all’Italia»). Si moltiplicano le notizie sulle indagini e voci di indagini sulle ONG impegnate nei soccorsi in mare. L’Italia si è impegnata in una controversa missione in acque libiche. Ma sulla “questione Mediterraneo” continua a rimanere di fatto isolata, nonostante l’appoggio della Commissione UE, dopo settimane che hanno visto in serie i no di Francia e Spagna all’eventuale apertura dei loro porti per l’accoglienza di rifugiati e migranti, gli “avvertimenti” elettorali austriaci sul Brennero, i “consigli” dei Paesi del gruppo di Visegrad al governo Gentiloni e il vertice-vetrina organizzato a Parigi dal presidente Macron fra il presidente libico al-Sarraj e il generale Haftar.
I sorrisi, la cordialità, la retorica e la Dichiarazione solidale dei 27 capi di Stato e di governo per il 60° dei Trattati di Roma celebrato nella Città eterna lo scorso marzo ci hanno messo meno di quattro mesi per diventare archeologia.
Collegamenti (una “bussola” per la cronaca)
*** Aggiornamento 15 agosto 2017 – Il testo del “Codice di condotta”
Inchieste ONG, le ultime: Famiglia Cristiana, “Caos Mediterraneo, le manovre occulte di Defend Europe sull’indagine Juventa”
Inchieste ONG: Avvenire e il “reato umanitario”
“Codice di condotta” ONG: il sì di Save the Children, il no di MSF
“Codice di condotta” ONG: ASGI, “mina l’efficacia delle attività di soccorso”
Allegato
Il rapporto Una tempesta perfetta (Amnesty, luglio 2017, file .pdf)
Leggi anche su Vie di fuga
Emergenza Mediterraneo? Primo punto in agenda, il Codice di condotta per le ONG…
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