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“Riammissioni” Italia-Slovenia: “Non possiamo applicare vecchi accordi non sapendo dove poi le persone vanno a finire”

Un intervento all’assemblea di IoAccolgo ha richiamato il governo alle proprie gravi responsabilità su un tema quasi dimenticato, quello delle “riammissioni” di migranti in Slovenia: «Associazioni attive sul campo ci raccontano di assistere a quelli che sembrano respingimenti collettivi. Non possiamo applicare vecchi accordi di riammissione se non sappiamo dove le persone vanno poi a finire: magari in Bosnia-Erzegovina dopo essere state trasferite in Croazia, le cui autorità più di una  volta sono state accusate di violenze». Gli ultimi dati del Viminale e del Border Violence Monitoring Network.

Giovani egiziani dopo lo sgombero di un campo informale in Bosnia, dicembre 2019 (foto M. Lapini-V. Muscella/RiVolti ai Balcani).

«Ci sono tante ambiguità attorno a noi. Penso fra l’altro alla rotta balcanica, che purtroppo non è chiusa. Chiedo un’attenzione particolare al nostro governo su quello che sta accadendo alla frontiera con la Slovenia, dove associazioni attive sul campo ci raccontano di assistere a quelli che sembrano respingimenti collettivi. Meritano attenzione, perché non possiamo applicare vecchi accordi di riammissione se non sappiamo dove le persone vanno poi a finire: magari in Bosnia-Erzegovina dopo essere state trasferite in Croazia, le cui autorità più di una  volta sono state accusate di violenze a quei confini e di atteggiamenti che violano i diritti umani. Se ne parla poco, ma è un tema di assoluta gravità».

Un nuovo allarme diritti umani sulla nostra “porta di casa” è stato lanciato all’assemblea on line di IoAccolgo, nei giorni scorsi, in un intervento di Elly Schlein, vicepresidente della Regione Emilia-Romagna e già deputata al Parlamento Europeo. Schlein si riferisce all’escalation di “riammissioni” di migranti in Slovenia attuate dalle autorità italiane in questo 2020. Da inizio anno al 21 settembre, al confine con la Slovenia sono stati “rintracciati” dalle forze dell’ordine italiane quasi 3.400 migranti irregolari, a fronte dei 2.700 dello stesso periodo del 2019 (+ 23%). E sempre fra gennaio e il 21 settembre 2020 sono state attuate quasi mille “riammissioni” in Slovenia, contro le 250 del medesimo periodo 2019: il quadruplo (la fonte di questi dati è il ministero dell’Interno).

Il preoccupante contesto regionale in cui queste “riammissioni” si svolgono era già stato denunciato da una rete di organizzazioni e associazioni nella scorsa estate (v. qui e qui su Vie di fuga).

 

Di pushback in pushback

Il Border Violence Monitoring Network, una rete di ONG e associazioni che hanno sede  nei Balcani e in Grecia, monitora dal 2017 i casi di “respingimenti informali” da un Paese all’altro della regione. Alla fine di settembre 2020 il suo database aveva raccolto oltre 800 testimonianze sul “respingimento informale” (pushback, una pratica ad alto rischio di violazione sia del principio di non refoulement che del divieto internazionale di effettuare espulsioni collettive) di oltre 10.000 persone.

  • Due pushback su tre hanno avuto luogo dalla Croazia. I Paesi immediatamente destinatari sono soprattutto la Bosnia e quindi la Serbia.
  • Quasi tutte le testimonianze di respingimenti informali (nove su 10) riferiscono che questi sono stati accompagnati da abusi e violenze: percosse, furto di oggetti, distruzione di effetti personali, insulti ecc. Nel 2020 quattro testimonianze su 10 attestano pushback anche di minori.
  • Il 13% delle testimonianze denuncia una prassi particolarmente vessatoria, quella dei respingimenti “a catena”, cioè attraverso più Paesi uno dopo l’altro, di seguito.

Collegamento

Gli aggiornamenti della campagna RiVolti ai Balcani

 

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