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Rotta balcanica, questione (anche) italiana: presentata a Milano la rete RiVolti ai Balcani, on line un primo dossier

Rompere il silenzio sulla rotta balcanica, denunciare quanto sta avvenendo in quei luoghi, anche con le responsabilità dell’Italia, e lanciare chiaro il messaggio che i migranti più vulnerabili del “game” (come viene chiamato il “gioco”, la “partita” dell’attraversamento di quelle frontiere) «non sono più soli»: sono gli obiettivi della rete RiVolti ai Balcani, presentata oggi a Milano.***Aggiornamento: è on line il primo dossier preparato dalla rete***.

(Foto RiVolti ai Balcani, giugno 2020).

 

«Anche l’Italia è toccata dalla rotta percorsa da migliaia di persone dirette in Europa in condizioni proibitive. Fino a poco tempo fa il nostro Paese rappresentava un luogo sicuro di protezione per loro, ma pare che ora non sia più così. Infatti sono emerse responsabilità dirette dell’Italia in recenti operazioni di riammissioni collettive sul confine con la Slovenia, in violazione del diritto internazionale. Nonostante ciò il dibattito pubblico sulla questione è ancora quasi inesistente…».

Siamo solo un terminale della “rotta balcanica“? Oppure ci siamo dentro, con responsabilità più o meno gravi? 

Una gran parte dei rifugiati che arrivano in Italia e nell’Europa centro-settentrionale passano per i Balcani occidentali. Sono soprattutto siriani, afghani, irakeni, iraniani, pakistani che fuggono da persecuzioni e conflitti senza fine. E lungo questa “rotta” di terra continuano a subire violenze, torture, respingimenti e restrizioni arbitrarie. Anche nei confini della stessa Unione Europea.

All’inizio di giugno, l’ASGI ha indirizzato una lettera aperta al nostro ministero dell’Interno, alla Questura e alla Prefettura di Trieste e pubblicato un’analisi sulle recenti “riammissioni informali” dall’Italia alla Slovenia e sulle riammissioni a catena verso Slovenia e Croazia.

Ma ad oggi la lettera aperta rimane ancora senza risposta, come è stato denunciato oggi a Milano alla presentazione della nuova rete “RiVolti ai Balcani”.

Quest’ultima è composta da oltre 36 realtà e singoli impegnati a difesa dei diritti delle persone e dei principi fondamentali sui quali si basano la Costituzione italiana e le norme europee e internazionali, e intende «rompere il silenzio sulla “rotta balcanica”, denunciare quanto sta avvenendo in quei luoghi e lanciare chiaro il messaggio che i soggetti vulnerabili del “game(così viene chiamato il “gioco”, la “partita” dell’attraversamento di quelle frontiere) non sono più soli».

***Aggiornamento: “RiVolti ai Balcani” ha preparato un primo dossier, La rotta balcanica. I migranti senza diritti nel cuore dell’Europa. Il testo può essere ordinato e scaricato gratuitamente su casella e-mail dal sito della rivista Altreconomia (che è fra i promotori della rete), oppure direttamente qui sotto in allegato.***

I fatti/1: Italia-Slovenia (e oltre)

(Foto Dantadd/Wikipedia).

A metà dello scorso maggio, il ministero dell’Interno italiano ha annunciato l’impegno ad aumentare le “riammissioni” di migranti in Slovenia e l’invio, a tale scopo, di 40 agenti al confine orientale dell’Italia. «Nei giorni successivi le riammissioni si sono susseguite con effettiva intensità e hanno riguardato molti cittadini afghani e pakistani. Secondo le testimonianze raccolte, i destinatari della misura, ignari di tutto, si sono ritrovati respinti in Slovenia, quindi in Croazia ed infine in Serbia o in Bosnia», anche se desideravano chiedere asilo in Italia. La denuncia si trova in una “lettera aperta” dell’ASGI di inizio giugno 2020.

«La situazione determinatasi al confine italo-sloveno e immediatamente oltre il confine è di estrema gravità – prosegue il documento -. La autorità italiane non possono infatti prescindere dal fatto che le persone riammesse in Slovenia… sono poi soggette a una successiva riammissione dalla Slovenia alla Croazia e da qui, troppo spesso dopo inaudite violenze perpetrate di fatto dalle autorità di polizia croata, sono ulteriormente riammesse in Serbia o in Bosnia, dunque lasciate in condizioni di abbandono morale e materiale» 

Solo fra l’agosto 2018 e il 31 luglio 2019 sono state “riammesse” in Slovenia dalla frontiera terrestre del Friuli-Venezia Giulia, da Gorizia e Trieste 361 persone, soprattutto cittadini pakistani e afghani.

 

I fatti/2: Croazia-Bosnia

(Foto Amnesty International).

«I respingimenti violenti alle frontiere croate avvengono con regolarità dalla fine del 2017. Il Consiglio danese per i rifugiati ha registrato quasi 7.000 casi di espulsioni forzate e rinvii illegittimi in Bosnia ed Erzegovina nel 2019, la maggior parte dei quali è stata accompagnata da violenze e intimidazioni ad opera della polizia croata. Nonostante la piccola boccata d’ossigeno durante il lockdown a causa della pandemia da Covid-19, i respingimenti proseguono con 1.600 casi riportati solo ad aprile. Le cifre aumentano quotidianamente con l’allentamento delle restrizioni in tutta la regione e il miglioramento delle condizioni climatiche. Amnesty International ha intervistato oltre 160 persone che sono state respinte o rinviate in Bosnia ed Erzegovina da luglio 2018. Quasi un terzo ha riferito di essere stato picchiato, derubato di documenti e telefoni e aver subito aggressioni verbali in quella che sembra una politica studiata intenzionalmente per scoraggiare futuri tentativi di ingresso nel paese» (Amnesty International, giugno 2020).

Allegato

La rotta balcanica. I migranti senza diritti nel cuore dell’Europa (file .pdf 14 mbyte)

Collegamenti

“RiVolti ai Balcani”, il profilo su Facebook

Croazia, per la prima volta un’indagine su agenti di polizia per il pestaggio di un migrante sul confine con la Bosnia (Amnesty International, giugno 2020)

Leggi anche su Vie di fuga

Rotta balcanica, ultima fermata: il documentario

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