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Ricerca e soccorso in mare: 59 i procedimenti giudiziari contro le ONG dal 2016

Secondo l’ultimo monitoraggio dell’Agenzia dell’UE per i diritti fondamentali, su una ventina di mezzi oggi presenti nel Mediterraneo solo otto sono effettivamente in grado di portare a termine operazioni di “search and rescue”. Cinque le navi bloccate in porto per procedimenti legali. Nel 2021 sono state 28 le operazioni di ONG che hanno dovuto aspettare più di un giorno prima dell’assegnazione di un “porto sicuro” sulle coste italiane (contro le 22 del 2020): in nove casi l’attesa è durata una settimana o più. *** Aggiornamento 23 dicembre 2021:  Carola Rackete, cade anche l’accusa di favoreggiamento dell’immigrazione clandestina ***

La posizione e la situazione dei mezzi di ONG (navi più tre aerei da ricognizione) coinvolti in operazioni SAR al 10 dicembre 2021 (fonte FRA).

 

Dal 2016 sono 59 i procedimenti giudiziari amministrativi o penali avviati da sei Paesi, Germania, Grecia, Italia, Malta, Olanda e Spagna contro soggetti privati ​​coinvolti in operazioni di ricerca e soccorso (search and rescue, SAR) nel Mediterraneo. A stilare il bilancio non è una ONG o un’associazione “qualsiasi”, ma l’Agenzia dell’Unione Europea per i diritti fondamentali (FRA), che ha pubblicato in questi giorni un aggiornamento su SAR e diritti nel Mare nostrum al 10 dicembre.

“Troppi giubbotti di salvataggio”

Nel secondo semestre di quest’anno è stato avviato un solo procedimento giudiziario in Italia (una nave sequestrata in porto per “irregolarità tecniche”). Ma nel primo semestre i procedimenti avviati nel nostro Paese erano stati ben otto

«Nel complesso – commenta la FRA – i problemi più comuni rilevati dalle autorità portuali hanno riguardato l’eccessivo numero di passeggeri trasportati (sic) , il malfunzionamento delle strumentazioni della nave, il numero eccessivo di giubbotti di salvataggio a bordo (sic)  e i sistemi di scarico inadeguati per il numero potenziale di persone soccorse, nonché per il rischio di inquinamento ambientale».

Se non altro, almeno da giugno non è stata sollevata contro singoli membri degli equipaggi l’accusa di favoreggiamento dell’immigrazione clandestina: nei primi sei mesi del 2021 le accuse di questo tipo erano state quattro.

Otto navi in grado di salvare persone, cinque bloccate da procedimenti legali

La mappa che pubblichiamo in testa a questa news, sempre di fonte FRA, fotografa la posizione e  la situazione nel Mediterraneo delle navi e degli aerei ricognitori di società civile sempre allo scorso 10 dicembre.

Fra i mezzi operativi (colorati in verde sulla mappa) in realtà solo otto sono in grado di portare a termine operazioni SAR: gli altri infatti sono navi e aerei da ricognizione che fanno soltanto monitoraggio.

Invece sono cinque le navi bloccate in porto perché sottoposte a procedimenti legali (colorate in rosso). Un’ultima imbarcazione, evidenziata in giallo, si trova ormeggiata per motivi tecnici. «La mappa – spiegano gli osservatori della FRA – elenca anche le navi e/o i loro equipaggi fatti oggetto di procedimenti legali chiusi o pendenti».

Una buona notizia: nonostante tutto, nell’ultimo semestre hanno preso il mare tre nuovi vascelli di soccorso, il Nadir, il Rise Above e ResQPeople.

AAA porto sicuro cercasi

L’Agenzia dell’UE per i diritti fondamentali monitora anche le situazioni in cui le navi soccorritrici di ONG hanno dovuto attendere in mare più di un giorno prima di ottenere l’assegnazione di un “porto sicuro” per i rifugiati e i migranti che avevano a bordo (la FRA ricorda infatti che «i ritardi negli sbarchi mettono a rischio la sicurezza e l’integrità fisica delle persone soccorse»). Nel 2021 queste situazioni sono state 28, contro le 22 del 2020, le 28 del 2019 e le 16 del 2017.

In nove dei 28 casi totali, prima che le autorità italiane consentissero alle navi di attraccare (erano tutte impegnate nel Mediterraneo centrale) è passata almeno una settimana.

Le navi che hanno subito uno stallo «senza porto sicuro» avevano a bordo in totale 8.300 persone soccorse in mare, fra cui 2.500 minori. Purtroppo, «fra queste persone sbarcate in Italia poche sono state “ricollocate” in altri Paesi membri dell’UE, in parte a motivo delle restrizioni per la pandemia di COVID-19».

Navi ONG & dintorni, tutti i dati per saperne di più

Riprendiamo alcune cifre dalla scheda di “dati e fatti” Italia confine d’Europa e da un’altra tabella contenute nel nuovo rapporto 2021 sul diritto d’asilo della Fondazione Migrantes.

  • Fra l’agosto 2020 e luglio 2021, su 49.280 rifugiati e migranti sbarcati in Italia, quelli soccorsi da navi di ONG sono stati solo 4.239, meno di uno su 10. Nell’anno precedente, fra l’agosto 2019 e il luglio 2020 questa stessa percentuale sfiorava il 19%.
  • «”Le operazioni SAR in mare non costituiscono un fattore di attrazione, contrariamente a quanto sostenuto da più parti”. Dall’esame di dati 2011-2018 sulla rotta del Mediterraneo centrale e dei risultati delle indagini della Procura di Palermo sui trafficanti di esseri umani, emerge che nel “periodo delle SAR” governative e non governative (cioè fra il 2013 e 2018) l’aumento di arrivi di migranti in Italia è dovuto solo in minima parte, il 2,6%, alla presenza delle SAR sfruttata dai network di trafficanti: per oltre il 97% esso dipende dalla situazione nei Paesi d’origine».
  • Inoltre, «il “periodo delle SAR” non ha visto aumentare il rischio di morte nel Mediterraneo centrale, costante sul 3,2% dal 2011 al 2018».
  • Da un confronto fra dati del ministero dell’Interno e della Commissione Europea emerge che dopo l'”Accordo di Malta” del settembre 2019 sono stati “ricollocati” dall’Italia in altri Paesi UE appena 1.020 richiedenti asilo, una percentuale minima rispetto al totale dei migranti e rifugiati sbarcati nel periodo nel nostro Paese.

Collegamento

Search and rescue (SAR) operations (fonte FRA, dicembre 2021)

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