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Richiedenti asilo ed esiti nell’UE, marzo 2018: dinieghi, ormai a rischio anche i siriani

In un solo mese, tra febbraio e marzo, il tasso di riconoscimento ottenuto dai richiedenti asilo fuggiti dalla Siria nell’UE “allargata” è passato dall’89% al 77%, il più basso dal 2014.

Cliccare per ingrandire: richiedenti asilo, esiti ed arretrato nell’Ue+ (serie storica marzo 2016-marzo 2018, fonte EASO 2018).

 

Ancora e sempre Siria, Irak, Afghanistan, Nigeria e Pakistan: anche nel 2018 la geografia della fuga verso l’Europa non cambia. I cinque Paesi di provenienza più numerosi fra i richiedenti asilo raccolgono da soli ben un terzo di tutte le domande di protezione presentate nel territorio dell’“UE+” nello scorso marzo, come nei mesi precedenti.

Il totale mensile di marzo, pari a circa 48 mila persone, supera di poco la cifra di febbraio, ma è inferiore quasi del 30% rispetto al dato di un anno fa, marzo 2017 (l’EASO, fonte delle cifre, precisa che il dato di marzo 2018 ha ancora dei margini di provvisorietà, mancando i parziali nazionali di cinque Paesi).

Richiedenti asilo 2018, meno 20 per cento

Il primo bilancio trimestrale 2018, da gennaio a marzo, dà comunque un totale di circa 147 mila richiedenti asilo nei 30 Paesi dell’UE “allargata” (i 28 Stati membri più Svizzera e Norvegia). Rispetto al primo trimestre 2017 il dato è in calo di oltre il 20%. Una tendenza “comprensibile” in forza degli accordi di cooperazione e “contenimento” dell’UE e dell’Italia con Turchia e Libia.

Decisioni: ormai respinte 7 domande su 10

Cliccare per ingrandire: i dati-chiave sull’asilo nell’UE+ nel marzo 2018 (fonte EASO).

Sempre meno comprensibile, invece, il calo continuo delle decisioni positive in rapporto alle domande di protezione esaminate. Lo scorso marzo nell’UE+ la loro percentuale è scesa al 30% (il dato comprende, in prima istanza, solo la concessione dello status di rifugiato e della protezione sussidiaria), due punti in meno rispetto a febbraio e ben 10 in meno rispetto al valore di tutto il 2017, pari al 40%.

Preoccupa, in particolare, la forte diminuzione in un solo mese delle decisioni positive ottenute dai siriani: tra febbraio e marzo il loro tasso di riconoscimento è passato dall’89% al 77%, «il più basso dal 2014».

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