La situazione dei profughi siriani appare particolarmente disastrosa. Ad oggi sono quasi 1,8 milioni i profughi siriani che vivono nei paesi confinanti con la Siria, tra Libano, Giordania, Turchia e Iraq. António Guterres, alto commissario delle Nazioni Unite per i rifugiati, l’ha definita la più grave crisi umanitaria che il mondo abbia conosciuto dal genocidio ruandese.
Il campo profughi di Zaatari, in Giordania, allestito nel luglio 2012, nonostante abbia una capacità di 60mila posti ad oggi conta oltre 144mila abitanti ed è diventato la quarta città della Giordania. Per risolvere il problema del sovraffollamento nell’aprile 2013 (periodo in cui ogni giorno varcavano la frontiera dalle 1.500 alle 2.000 persone) è stato aperto un secondo campo in Giordania: il Mrajeeb al-Fhood refugee camp. In Libano una persona su sei è un rifugiato siriano ma anche la Turchia, ben più popolosa, non riesce più a gestire il continuo flusso di profughi siriani.
I profughi sono spesso accolti con generosità e compassione ma si stanno registrando sempre più casi di tensioni con le popolazioni locali, soprattutto in Libano e Giordania a causa della pressione esercitata sui servizi sociali nazionali, come scuole e ospedali, e sul mercato locale che non riesce più a soddisfare la domanda. Più il conflitto si prolunga e più aumenta la pressione sui paesi confinanti con la Siria. In un’intervista al quotidiano britannico Guardian, António Guterres ricorda come il massiccio afflusso di rifugiati nella regione oltre a rischiare di sfociare in una crisi umanitaria, potrebbe rappresentare una minaccia mondiale alla pace e alla sicurezza. Per questo motivo l’Unhcr sta chiedendo ai paesi occidentali di impegnarsi maggiormente nella gestione della crisi e di mettere in atto piani pratici per favorire il resettlement dei rifugiati siriani in Europa e negli Stati Uniti. Finora si sono distinti solo due Paesi, Germania e Svezia, che hanno accolto circa due terzi delle domande di asilo presentate in Europa dai siriani ma si stanno anche muovendo anche altre realtà, come quella canadese che entro la fine del 2014 procederà al resettlement di 1.300 persone.
Per approfondire
Non chiudiamo gli occhi davanti ai profughi
Syria’s exodus: a refugee crisis for the world
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