Il “nuovo” disastro umanitario della minoranza rohingya: un rapporto di Amnesty International inchioda il governo del Myanmar alle sue responsabilità, mentre i rifugiati sono ormai 530 mila. «È giunto il momento che la comunità internazionale passi dall’esecrazione all’azione».
In poche settimane oltre 530 mila fra uomini, donne e bambini della minoranza musulmana rohingya sono fuggiti terrorizzati dallo stato di Rakhine, in Myanmar, a causa della campagna di omicidi, stupri e incendi di massa portata avanti dalle forze di sicurezza del Myanmar contro questa popolazione a partire dal 25 agosto (quando un gruppo armato della minoranza etnica ha attaccato una trentina di postazioni dell’esercito).
Un rapporto che Amnesty International pubblica oggi (dal titolo My world is finished, il mio mondo è finito) inchioda il governo alle sue responsabilità con testimonianze, immagini e dati forniti dai satelliti, fotografie e filmati «che portano alla stessa conclusione: centinaia di migliaia di uomini, donne e bambini rohingya sono vittime di un attacco sistematico e massiccio che costituisce un crimine contro l’umanità».
«È giunto il momento – afferma Amnesty – che la comunità internazionale passi dall’esecrazione all’azione per porre fine alla campagna di violenza che ha allontanato oltre la metà della popolazione rohingya da Myanmar. È necessario inviare un forte segnale che i crimini contro l’umanità non saranno tollerati: sospendendo la collaborazione militare, imponendo un embargo sulle armi e adottando sanzioni mirate nei confronti di singole persone responsabili di quei crimini».
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