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Rotta balcanica e diritti umani, che fare?/ 1 – Fra Sarajevo e l’Italia, un ricorso al Tribunale di Roma

Si può fare qualcosa per difendere il diritto d’asilo o anche solo i diritti umani più elementari sulla rotta balcanica? Sta cercando risposte, per condividerle, la conferenza internazionale “Sulla rotta Balcanica” organizzata on line dalla campagna RiVolti ai Balcani e dal festival S/Paesati di Trieste.

Due giovani coppie, una egiziana e l’altra irachena, si riscaldano davanti a un fuoco tra gli alberi lungo la strada per il confine croato. Bihać (Bosnia-Erzegovina), dicembre 2019 (foto M. Lapini-V. Muscella/RiVolti ai Balcani).

Dove va un uomo quando non sa più dove andare? (J. Erpenbeck, Voci del verbo andare, Sellerio 2016)

Le violenze e le torture che i migranti in transito subiscono in Croazia, il degrado dei campi nei Paesi dell’Europa sudorientale, le “riammissioni a catena” illegali tra Slovenia, Croazia, Bosnia-Erzegovina e anche Serbia, e ormai anche le riammissioni verso la Slovenia, al confine orientale italiano, in sospetta violazione del diritto internazionale e dell’Unione Europea, sono fenomeni e cronaca ormai (abbastanza) noti.  Ma si può fare qualcosa per difendere il diritto d’asilo o anche solo i diritti umani più elementari sulla rotta balcanica? Sta cercando di trovare e condividere risposte la conferenza internazionale Sulla rotta Balcanica, organizzata on line dalla campagna RiVolti ai Balcani e dal festival S/Paesati di Trieste. 

Una delle prime risposte è arrivata da Anna Brambilla, avvocata dell’ASGI. «Alla luce delle testimonianze raccolte, tramite la rete del Border violence monitoring network e altri attivisti, abbiamo cercato di entrare in contatto con le persone rientrate in Bosnia e abbiamo fatto ricorso davanti al Tribunale di Roma per il caso di una persona “riammessa” in Slovenia, da lì in Croazia e quindi in Bosnia e che oggi vive a Sarajevo.

Ha spiegato ancora Brambilla: «Abbiamo portato all’attenzione dei giudici numerose violazioni: il mancato accesso alla procedura di asilo, perché questa persona aveva manifestato la volontà di chiedere protezione, all’informazione sulle garanzie e i diritti connessi e a un ricorso effettivo (durante la riammissione non le è stato consegnato nessun documento), ma anche la violazione del regolamento “di Dublino”, quella del principio di non refoulement, perché questa riammissione è avvenuta in assenza di valutazione del rischio di trattamenti inumani e degradanti, e quella del divieto di respingimenti collettivi».

Trieste, luglio 2020: “No asylum!”

Luglio 2020: un gruppo di migranti che hanno lasciato l’Afghanistan, il Pakistan e il Bangladesh e tutti provenienti dalla rotta balcanica, vengono  fermati vicino alla stazione di Trieste. Tutti sono trasferiti in piccoli van in un campo di tende. Qui le persone vengono divise per nazionalità. Sono sottoposti a misure di identificazione. Ricevono domande sul loro viaggio e sui motivi della partenza dal Paese d’origine, in presenza di un mediatore e in un vero e proprio colloquio.

Un migrante, “Ahmed” (nome di fantasia, ma solo quello), prova a chiedere asilo come molti altri. «No asylum», gli viene risposto. Qualcuno riceve rassicurazioni sulla possibilità di restare in Italia, altri vengono semplicemente ignorati. Ahmed chiede un po’ di cibo e acqua, riceve solo pochi biscotti, senz’acqua.

Il giorno dopo, alle 5.30 Ahmed, sempre insieme ad altri, viene trasferito e consegnato dalla polizia italiana a quella slovena e si ritrova nel piccolo Paese balcanico. «Quello che è accaduto dopo, nella riammissione  dalla Slovenia alla Croazia e soprattutto dalla Croazia alla Bosnia, è un susseguirsi di nuove violazioni, percosse, uso dell’elettricità, di aria calda e fredda, cani», ha riferito l’avvocata Brambilla alla conferenza “Sulla rotta Balcanica”.

“Riammissioni” in Slovenia, i numeri dell’estate

361 I migranti “riammessi” dall’Italia alla Slovenia dal 31 luglio 2018 al 31 luglio 2019. 
852  I migranti “riammessi” dall’Italia alla Slovenia solo fra gennaio e agosto 2020: più che raddoppiati.
1.880 I migranti fermati in posizione irregolare in entrata nel territorio nazionale dalla Polizia di frontiera di Gorizia, Trieste e Tarvisio solo fra giugno e agosto di quest’anno.
1.486  I migranti fermati in posizione irregolare in entrata nel territorio nazionale dalla sola Polizia di Trieste: 491 di loro sono stati “riammessi” in Slovenia. Si tratta soprattutto di afghani e pakistani, ma anche di siriani, irakeni e addirittura di eritrei (fonte ASGI/Sulla rotta balcanica)

Collegamenti

I lavori della conferenza “Sulla rotta balcanica” possono essere seguiti in diretta (per la tavola rotonda di questa mattina a partire dalle 10.00)  e recuperati (per le relazioni e le testimonianze di ieri) sul profilo Facebook della campagna RiVolti ai Balcani

Giovedì 3 dicembre sarà dedicata alla rotta balcanica anche una sezione del webinar organizzato per la presentazione del rapporto Il diritto d’asilo. Report 2020 della Fondazione Migrantes

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