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Slovenia, nuovi pattugliamenti misti alla frontiera: “contro i trafficanti” o solo per respingere i rifugiati?

Ripresi a fine luglio i pattugliamenti congiunti al confine tra l’Italia e la Slovenia. Su Altreconomia un’analisi di Gianfranco Schiavone (ICS e ASGI) chiede chiarezza su un’iniziativa dai contorni «opachi», avviata dopo un recente accordo di polizia Roma-Lubiana, e al Parlamento di vigilare sul «possibile coinvolgimento di istituzioni della Repubblica in azioni contrarie a norme e a principi che fondano l’ordinamento costituzionale».

(Foto Unsplash.com).

 

Sono ripartiti a fine luglio i pattugliamenti congiunti italo-sloveni lungo il confine che separa le province di Trieste e Gorizia da quelle di Koper e Nova Gorica. L’obiettivo dichiarato in una nota della Questura di Trieste è il «contrasto ai flussi migratori irregolari provenienti dalla rotta balcanica», secondo un recente accordo di polizia sottoscritto da Roma e Lubiana.

La decisione era già stata annunciata dal Viminale a giugno, dopo un incontro tra la ministra dell’Interno Luciana Lamorgese e il suo omologo sloveno Aleš Hojs: per il ministero, che adopera espressioni più “diplomatiche”, l’obiettivo sarebbe quello di «contrastare efficacemente le organizzazioni criminali che sfruttano il traffico dei migranti».

Ma dopo le riammissioni in Slovenia del 2020, poi sospese, l’iniziativa torna sollevare interrogativi sul rispetto della legalità sul confine orientale italiano. Li affronta Gianfranco Schiavone dell’ICS triestino e dell’ASGI, in un’analisi pubblicata da Altreconomia.

Droni (e cani)

In realtà, osserva Schiavone, «il pattugliamento congiunto della fascia di confine tra Italia e Slovenia attuato con uso di uomini, droni (e cani, come non annunciato nei comunicati per non ferire la sensibilità di chi legge ma ampiamente riferito dalle testimonianze raccolte su quanto accade in Slovenia) ha un‘efficacia non solo minima ma persino risibile rispetto all’obiettivo annunciato di contrasto alle organizzazioni criminali, giacché sui sassosi sentieri del Carso non si incontrano i vertici ma neppure i quadri intermedi e neppure quelli bassi e persino bassissimi di tali organizzazioni, ma solo persone disperate con i piedi piagati in cammino da settimane nei boschi di Croazia e Slovenia».

Piuttosto, «appare evidente come i pattugliamenti sembrano rispondere all’altra, malcelata finalità, quella di intercettare nelle immediate vicinanze della frontiera interna, da parte slovena, un certo numero di rifugiati, probabilmente i più disgraziati tra loro, al fine di impedirne a forza l’ingresso in Italia. I pattugliamenti congiunti, da quanto è dato sapere, si svolgeranno infatti in assoluta prevalenza nell’area a ridosso del confine dal lato della Slovenia. Quando invece le operazioni verranno attuate sul lato italiano, potrebbero prestarsi a far riprendere in forme ancor più nascoste quelle riammissioni informali attuate nel corso del 2020 e la cui radicale illegittimità è stata più volte messa in luce fin dall’inizio».

In un quadro dai contorni quanto mai «opachi», Schiavone chiede così al Viminale di rendere noti i contenuti del nuovo accordo di polizia italo-sloveno e al Parlamento di vigilare sul «possibile coinvolgimento di istituzioni della Repubblica in azioni contrarie a norme e a principi fondanti l’ordinamento costituzionale».

Collegamento

Italia-Slovenia, il Tribunale di Roma accoglie il reclamo dell’Interno (ma non smentisce l’illegittimità dei respingimenti sommari) (ASGI, 10 maggio 2021)

 

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