Ancòra – di Hakan Günday – Marcos y Marcos – Milano 2016 – pp. 500 «Il mio unico desiderio era essere un bambino qualsiasi, che si sentiva rimproverare dal padre per i brutti voti della pagella e non perché avevo dimenticato di accendere il ventilatore che avevamo montato nel vano di carico del camion! E non era affatto come dimenticare le luci accese in casa. Quella dimenticanza aveva provocato la morte per asfissia di un afgano. Aveva 26 anni e mi aveva fatto un origami…». Gazâ, 12 anni, ha un bel dire che vorrebbe la vita di un ragazzino qualsiasi. Perché nel suo “ruolo”, nonostante un’intelligenza affilata come un rasoio, ci si immerge fino al collo. Cresciuto troppo in fretta senza una madre, è figlio di Ahad, un gretto trafficante turco che trasporta migranti in furgone e li nasconde in una cisterna sottoterra, in attesa di consegnarli ai colleghi sulla costa del mar Egeo. Gazâ collabora col padre, che pure odia. Scruta con gelida curiosità la merce umana che gli passa sotto gli occhi. E ad un certo punto, approfittando delle assenze di Ahad e dell’opportunità di essere l’unico custode-carceriere della cisterna, inizia a fare esperimenti sociologici: «Avrei giocato con le condizioni di vita lì dentro, magari a qualcuno avrei concesso qualche privilegio osservando le reazioni a tutto ciò. Esistevano videogiochi simili, lo sapevo. Ma gli altri ragazzini continuavano a giocarci solo perché non avevano una cisterna piena di gente a loro disposizione…». Fino a che il gioco perverso di Gazâ e i