“Dichiarazione” UE-Turchia del 18 marzo 2016: costi e risultati, un anno dopo. Ma intanto, a Strasburgo la Corte di Giustizia europea si dichiara incompetente a decidere sulla sua legittimità perché sarebbe stata firmata dai Paesi membri “e non da un’istituzione dell’UE”…
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Risultati…
A fronte dei 2.900.000 rifugiati siriani oggi confinati in Turchia (vedi notizia precedente) ci sono i «risultati concreti» del primo anno della “dichiarazione” UE-Repubblica Turca del 18 marzo 2016 vantati recentemente dalla Commissione Juncker: gli arrivi sulle isole greche crollati dalle 10 mila persone registrate in un solo giorno d’ottobre 2015 ai 43 odierni; le vittime nell’Egeo crollate dalle 1.100 del 2015-2016 alle 70 registrate in questo primo anno di accordo; il reinsediamento nell’Unione di circa 3.600 rifugiati; e il miliardo e mezzo di euro già impiegato sul totale dei tre miliardi promessi ad Ankara.
… e costi
Commentava però pochi giorni fa Catherine Woollard, segretario generale dell’ECRE: «Le relazioni della Commissione salutano trionfalmente il calo di rifugiati arrivati in Grecia e degli annegati nell’Egeo, ma ignorano il più ampio e devastante impatto delle politiche europee di contenimento della protezione internazionale, e non solo».
In un anno, argomenta Woollard, l’accordo ha avuto “successo” nel legittimare nel dibattito politico un’erosione del diritto d’asilo; è divenuto un modello di “esternalizzazione” (outsourcing) delle responsabilità di protezione verso Paesi instabili e precari sotto il profilo dei diritti umani in cambio di finanziamenti per lo sviluppo, «come se i rifugiati fossero merce di scambio»; e ha ceduto a questi governi un vero e proprio «capitale politico», lasciando l’UE come «in debito» e facendo della Turchia «l’esempio più ovvio della crescente abilità di questi Paesi terzi di influenzare l’Europa, e non viceversa».
In una parola: possibile che non esistano altri mezzi per evitare i naufragi nel Mediterraneo? Canali finalmente legali per chiedere asilo in Europa, corridoi umanitari non occasionali, programmi di reinsediamento non al contagocce, visti per riunificazione familiare, lavoro e studio, “sponsorizzazioni” private…
Se Pilato dà udienza a Strasburgo
Però è dal settembre 2015 che la Commissione Europea propone di inserire la Turchia, a tutti gli effetti, in una costituenda lista di Paesi sicuri in materia d’asilo vincolante per tutti i Paesi dell’Unione.
Intanto, in queste settimane la Corte di Giustizia dell’Unione Europea si è dichiarata incompetente a decidere su tre ricorsi contro la “dichiarazione” del 18 marzo presentati dai difensori di due pakistani e un afghano.
Secondo il Tribunale dell’Unione, l’accordo UE-Turchia non sarebbe stato sottoscritto da istituzioni dell’UE (il Consiglio Europeo), ma dai leader dei Paesi membri: leggere qui per credere. Pilato ha aperto un ufficio a Strasburgo.
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