La detenzione amministrativa è, da diversi anni, il mezzo principale con cui i governi occidentali gestiscono i flussi migratori. Nel solo perimetro dell’Unione Europea la rete Migreurop stima che la capacità dei centri di detenzione conosciuti sia intorno ai 37.000 posti per un totale di 420 strutture.
In realtà è impossibile stimare il numero dei rinchiusi nei vari centri perché alcuni Paesi (come la Germania, l’Austria e la Turchia) non rilasciano dati ufficiali sul numero delle persone effettivamente presenti, anche laddove i centri sono identificati. Spesso questa situazione si crea quando il numero è di fatto superiore a quello ufficiale oppure quando le autorità preferiscono utilizzare luoghi non presentati nelle liste ufficiali come gli aeroporti, navi mercantili, campi, carceri statali, ecc. Per avere delle cifre, da utilizzare come punto di riferimento e riflessione, nel 2009 600.000 persone sans papiers sono state trattenute nei territorio comunitario in attesa di essere espulse e 500.000 persone sono state detenute in attesa di essere rimpatriate nel Paese di origine o nel Paese competente.
La rete Migreurop, che da anni si occupa con costanza e competenza di questa tematica, ha presentato a Parigi a fine novembre 2012 la Quinta edizione della Carta dei Campi. Questa carta, compilata per la prima volta nel 2003, è considerata “la pietra angolare del lavoro di sensibilizzazione condotto dalla rete Migreurop”. A detta degli stessi curatori della Carta le cifre presentate non rendono comunque conto della realtà quotidiana vissuta dalle persone nei centri.
Dai detenuti si raccolgono sempre più testimonianze su come, in questi luoghi finanziati dall’UE, ci sia una vera e propria sospensione dei diritti; realtà sottolineata anche nel comunicato stampa del 3 dicembre 2012 di Migreurop: “l’opacité des procédures, le manque d’information des détenues sur leurs droits, les difficultés ou le défaut d’accès à une aide juridique et à une assistance médicale, les traitements inhumains et dégradants, les conditions matérielles de détention, les violences exercées par les personnes détenues contre elles-mêmes et les entraves à l’accès de la société civile à l’intérieur des centres forment le quotidien des camps d’étrangers du XXIème siècle”.
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