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L’ “emergenza Nordafrica” a Torino si è chiusa e, come era facile prevedere, è arrivata la prima occupazione. Circa 450 persone, per lo più titolari di un permesso di protezione umanitaria valido un anno e uscite dal circuito di accoglienza emergenziale messo in piedi dalla Protezione civile, sono entrate in tre palazzine vuote del Villaggio olimpico di Via Giordano Bruno, trasferendosi con bagagli, materassi ed effetti personali.

D’altra parte i punti deboli di quel modo di fare di accoglienza sono da tempo stati denunciati dalle associazione del Coordinamento “Nonsoloasilo”: mancanza di progettualità di lungo periodo, scarsa attenzione a percorsi di autonomia ed emancipazione (sostegno a trovare casa e lavoro), gestione puramente emergenziale del fenomeno. A questo si è aggiunta la decisione della Città di Torino di chiudere con un mese di anticipo per mancanza di fondi le strutture aggiuntive adibite a ricovero notturno per i senza casa previste per l’inverno dal piano “emergenza freddo”: invece che il 31 marzo, come previsto, sono state chiuse il 28 febbraio proprio in concomitanza con l’uscita dalle case di accoglienza delle persone giunte in Italia in seguito ai fatti della “Primavera araba”. Un mese nevoso e freddo come quello appena trascorso e una crescente domanda di posti letto da parte di persone senza dimora hanno portato ad un aumento del numero di quanti per la notte devono arrangiarsi. Le sale d’aspetto di alcuni ospedali cittadini si sono infatti trasformate in queste settimane in ricoveri e bivacchi improvvisati.

Non si tratta di ordine pubblico
A fronte di questa situazione viene da pensare che l’occupazione di queste palazzine, vuote dall’anno delle Olimpiadi, sia un fatto quasi “fisiologico”. E così, sostenuti dal “Comitato di solidarietà ai rifugiati e migranti”, il 29 marzo, 300 migranti per la maggior parte con un permesso di soggiorno per motivi umanitari, si sono stabiliti negli edifici. L’amministrazione comunale, che è per una parte proprietaria degli immobili, ha preso tempo per decidere come reagire, lamentando, attraverso la voce di Elide Tisi, assessore alle Politiche sociali del Comune, il fatto che Torino sia lasciata sola ad affrontare un problema come questo che ha dimensioni nazionali. Non si esclude uno sgombero anche se Antonio Cufalo, Questore di Torino, pur dichiarando che la forza pubblica è pronta a fare tutto quello che sarà ritenuto opportuno, ha però tenuto a sottolineare che “pare più una questione umanitaria che di ordine pubblico”.

Aiutare i bisognosi, ovunque si trovino
Dal parte delle associazioni in prima linea nell’accompagnare e sostenere rifugiati e richiedenti asilo si segue l’evolversi degli eventi con attenzione e interesse (guarda il link dei volonatri Acmos-Coordinamento Non solo Asilo). “L’Ufficio Pastorale Migranti – spiega il direttore Sergio Durando – non promuove occupazioni o atti illegali. Non possiamo però sottrarci dal fare quello che abbiamo sempre fatto: sostenere ed aiutare i migranti in difficoltà in qualunque condizione si trovino e così faremo anche per le persone del Villaggio Olimpico”.
Bisogna anche ricordare che questa occupazione non è una novità per Torino: esistono almeno altri tre edifici occupati da anni da rifugiati politici per i quali non si è riuscito ad attivare progetti di autonomia, il segno che si tratta di un problema di lungo periodo e non di un’emergenza di queste settimane. D’altra parte questa situazione mette in evidenza in modo simbolico e forse non del tutto casuale due aspetti critici della Città: da un lato la difficile gestione dell’eredità delle Olimpiadi che, oltre a stabili vuoti e impianti sottoutilizzati, ha aperto un debito enorme nelle casse comunali e dall’altra la sua incapacità di gestire in termini di progetti e di diritti una questione strutturale come quella dell’arrivo di persone in cerca di rifugio perché in fuga da guerre e persecuzioni.

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IL DIRITTO D’ASILO - REPORT 2020

“Alcune volte è una fuga, altre una scelta, sempre contiene una speranza e una promessa. La strada di chi lascia la sua terra”. Una graphic novel che racconta alle nuove generazioni le storie, le persone e le ragioni delle migrazioni.

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by Mauro Biani – Repubblica
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