di Gabriella Gaetani
Sul sito di “Internazionale” è in corso il progetto Welcome to Italy: la pubblicazione di cinque video-reportage sull’accoglienza dei migranti nel nostro Paese. L’iniziativa è coordinata dal giornalista Stefano Liberti.
Attraverso i video del progetto Welcome to Italy, realizzati con il contributo di Open Society Foundations, si intende raccontare il sistema di accoglienza italiano. Obiettivo dei cinque reportage in programma è, infatti, descrivere la realtà dell’accoglienza nel nostro Paese e le sue problematiche, attraverso le testimonianze di chi si trova “in prima persona” nel sistema, sia i migranti sia gli operatori sia le forze di sicurezza.
Si vogliono mettere in luce gli esempi “virtuosi” e drammatici legati all’accoglienza in sé, all’integrazione o alla sua mancanza. Infatti, purtroppo, nonostante alcuni progressi, il sistema di accoglienza italiano è ancora segnato dall’emergenza, dalla mancanza di trasparenza e, troppo spesso, dall’inefficacia. E la migrazione è ancora vista come un costo e come un problema e non si riesce a concepirla come una risorsa.
Le impronte dei migranti
A maggio è uscito il primo reportage della serie, Hotspot, le impronte dei migranti, di Valeria Brigida e Mario Poeta. Il video riporta la testimonianza di un ragazzo etiope che, sbarcato a Messina, descrive scene di violenza al fine di prelevare le impronte.
Felice Romano, del Sindacato italiano unitario lavoratori polizia (SIULP), specifica che «usare la forza per prelevare le impronte a persone che scappano da scenari di guerra, da persecuzioni, è non solo eticamente sbagliato, ma soprattutto infruttifero».
Infatti «il prelievo forzoso delle impronte non è valido ai fini di un riconoscimento certo». Chiunque abbia notizia di casi di violenza deve segnalarlo alle autorità competenti. «Questa non è l’Europa che mi aspettavo», dice il giovane migrante.
La storia di Seny, un profugo in famiglia
A giugno è stato il turno di Agnese Bianco, assistente sociale ad Asti, che insieme al marito Andrea e al figlio Jacopo, hanno deciso “nel giro di tre ore” che avrebbe ospitato Seny (Alphuseny Sowe, richiedente asilo gambiano) perchè “dopo tanto parlare era venuto il momento di fare” e “di dare il nostro piccolo contributo”.
Grazie alla famiglia italiana e alla sua rete di contatti, Seny ha trovato un lavoro come custode in un centro sportivo. Ma il suo futuro è incerto; infatti senza i documenti, il ragazzo perderà il suo lavoro, la sua casa e la sua famiglia italiana. “Questa è la contraddizione del sistema di accoglienza italiano”, spiega Alberto Mossino, fondatore Piam di Asti. “Lo stato spende molti soldi per l’integrazione di queste persone, ma poi al termine di un percorso che in molti casi è positivo, vanifica tutto, ricacciandole nella clandestinità”, si crea così non un accompagnamento verso l’integrazione, ma verso la clandestinità.
La speranza degli ideatori dei reportage è quella di contribuire al dibattito sull’accoglienza, sulla mancanza di trasparenza e sulle situazioni di illegalità che si verificano giornalmente.
Collegamenti
Per il primo reportage della serie “Welcome to Italy” (su Internazionale) clicca qui (maggio 2016)
Per il progetto completo clicca qui
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